I diritti vengono continuamente calpestati nelle carceri, dove vivono in condizioni disumane e degradanti oltre 60mila persone. Il decreto Nordio non ha cambiato nulla, anzi. Per questo motivo il Partito Radicale ha lanciato la campagna per il rispetto della Costituzione
Nelle carceri del nostro Paese esiste la pena di morte: quella inflitta dallo Stato a chi è privato della libertà. Quella inflitta a ragazzi spesso malati, che convivono con gravi dipendenze e disagi psichiatrici, in condizioni sanitarie precarie. Sono soprattutto loro, i giovani, a mettere fine alla loro esistenza all’interno di strutture dove la dignità e il diritto non esistono. Dove regna il sovraffollamento, l’abbandono, dove i diritti della persona vengono calpestati. Nonostante la strage di detenuti continui, nonostante i dati inquietanti sul sovraffollamento, le difficoltà del personale penitenziario, si va avanti nella totale indifferenza delle istituzioni. Aspettavamo tutti con urgenza il decreto del ministro Nordio approvato in questi giorni. Avrebbe dovuto dare soluzioni, mandare un segno di civiltà e dimostrare responsabilità. Invece è una delusione, una manovra inefficace che non affronta le radici del problema delle carceri italiane. Mi domando se, chi l’ha scritto e sostenuto, abbia mai messo piede in un istituto detentivo. È un’offesa per garanti, operatori del sistema penitenziario e associazioni per i diritti umani, oltre che per i detenuti, ovviamente, ai quali uno Stato inefficiente, ingiusto, inconsapevole, si permette di chiedere loro buona condotta non rispettando esso stesso i principi fondamentali del diritto. Le cifre parlano di 61.480 detenuti per 51.234 posti regolamentari, che in realtà sono 47mila. Questo sovraffollamento «criminogeno» come sottolineato dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm), Giuseppe Santalucia, riprendendo un concetto usato da sempre da Marco Pannella, non viene minimamente risolto. Il decreto Nordio anziché portare aria di cambiamento complica le cose, per i detenuti che vedranno ritardate le scarcerazioni, per i magistrati di sorveglianza - appena 230 in tutta Italia - a cui è stato imposto un metodo di lavoro che risulterà in sostanza impraticabile. L’onere di esaminare le richieste di libertà anticipata rimane come prima, infatti, per questi magistrati, i cui carichi di lavoro già esorbitanti rischiano di aumentare ulteriormente. È la burocrazia in sostanza a farla da padrona, rimanendo una volta in più un ostacolo insormontabile; non ci sarà nessuna semplificazione. In questo contesto, non si è peraltro pensato minimamente ad aumentare l’organico della magistratura di sorveglianza, così come quella degli psichiatri, degli psicologi e degli educatori che servirebbero a fiumi. Sorrido amaramente quando sento parlare della tanta proclamata “umanizzazione” del sistema penitenziario sventolata dal ministro Nordio. Basterebbe facesse funzionare le cose con razionalità e buon senso. Ma, accettando il buon proposito, mi domando di quale umanizzazione parli, non riuscendo peraltro a determinare un cambiamento in meglio delle esistenze dei detenuti, mentre ciò che serve al “pianeta carcere” non è solo e tanto un’umanizzazione - fin troppo umani , se vogliamo, nella loro organizzazione tanto fallimentare i nostri istituti - quanto il rispetto dei diritti e del diritto, a iniziare da quello costituzionale.

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