La poco più che ventenne ma negli ultimi due anni Maya Issa è diventata una voce di spicco della protesta che sta riportando milioni di persone nelle piazze di tutto il mondo. Attivista palestinese, nata e cresciuta in Italia, è tra le organizzatrici dell’ondata di mobilitazione che anche in Italia da Roma a Milano, da Torino a Napoli ha attraversato quartieri, scuole, università, porti e strade, trasformando un movimento nato dalla solidarietà verso la Palestina in un simbolo di lotta contro ogni tipo di violenza, che continua a crescere nonostante i tentativi di repressione, superficializzazione e silenziamento.
La sua storia personale si intreccia con quella di milioni di palestinesi della diaspora dopo la Nakba, la cacciata del 1948. I suoi nonni sono nati in Palestina, suo padre in un campo profughi a Beirut, e la cittadinanza italiana le è stata concessa solo a diciotto anni, dopo un’infanzia passata da apolide. «Come palestinesi noi cresciamo con i racconti dei nostri genitori, dei nostri nonni che ci parlano di come sono stati cacciati dalla loro terra», racconta Issa. Esperienze che l’hanno spinta a studiare, prepararsi a raccontare la storia del popolo palestinese. Quello che Maya Issa contesta con forza è il modo in cui la questione palestinese viene narrata dai media mainstream. «Si mostrano i bambini che stanno soffrendo, che sono sotto i bombardamenti, ma non si dice mai da chi vengono bombardati», osserva. Definire quanto accade come un «conflitto» è già, per lei, una distorsione intollerabile: «Quando parliamo di conflitto intendiamo due parti uguali che si fanno la guerra, due eserciti uguali. Ma in Palestina non c’è questo: c’è un genocidio in corso». La narrazione dominante oscilla tra due binomi: vittima o terrorista. «Non si racconta mai effettivamente cosa sta facendo il popolo palestinese, quali sono le sue ragioni politiche o la sua storia, e bisogna smettere di vedere la Palestina solo come una questione umanitaria», spiega.
Il movimento a cui partecipa Issa non è nato nei mesi scorsi, ma dopo la violentissima reazione militare contro la popolazione civile di Gaza in seguito Per continuare la lettura dell'articolo abbonati alla rivistaQuesto articolo è riservato agli abbonati
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