L'ordinaria della Scuola Normale Superiore, nel libro Guerra all’antisemitismo?, esamina come l’accusa di antisemitismo possa essere usata per zittire il dissenso e le critiche alla politica israeliana
Per primi sono stati gli studenti della generazione Z a scendere in piazza in Italia, contro il genocidio a Gaza. L’immagine che resta nella mente è quella degli studenti delle superiori che nel febbraio 2024 scesero in piazza a Pisa a mani nude e furono presi a manganellate dalla polizia. Nonostante i tanti tentativi di delegittimazione e di repressione il movimento è cresciuto, al punto che alcuni esponenti immaginano un salto politico e possibilità di candidatura in Italia nel 2027 dando vita a un soggetto politico nuovo insieme ad alcune formazioni del sindacato di base e della sinistra. Ma non corriamo troppo. Cerchiamo intanto di mettere a fuoco la fisionomia del movimento per come si è sviluppato fin qui. Per questo siamo tornati a interpellare una delle massime studiose di movimenti, Donatella Della Porta, ordinaria della Scuola Normale Superiore, che al tema ha dedicato il libro Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica (Altraeconomia ed.), chiedendole di aiutarci nel tracciare un quadro del movimento, non solo a livello nazionale. Professoressa Della Porta perché fa tanta paura questo movimento pro-Pal al punto da ricorrere all’accusa infamante di antisemitismo per delegittimarlo? Fa paura perché dimostra l’inconsistenza e incongruenza dell’Occidente che si proclama superiore, ma appare incapace di difendere i propri valori. Penso alla difficoltà ad affermarsi del diritto internazionale, dei diritti umani, delle Nazioni Unite, della Corte internazionale di giustizia e della Corte penale di giustizia. Sono tutte istituzioni che dovrebbero servire a garantire un sistema di negoziazione dei conflitti per garantire diritti alle popolazioni. Tutti quanti vedono il doppio standard dell’Unione Europea, dei governi europei e degli Usa rispetto all’invasione russa dell’Ucraina e al genocidio israeliano a Gaza. Tutti vedono che i proclami sui diritti umani vengono disattesi quando sono in gioco gli interessi dell’Occidente. I giovani e i giovanissimi però non hanno esitato a scendere in piazza contro tutto questo. Un fatto del tutto nuovo o ci sono precedenti? Mi pare di vedere alcune similitudini con la situazione emersa durante la guerra nel Vietnam, con la repressione forte delle proteste giovanili che ci fu allora. Ieri come oggi i giovani cresciuti all’interno di un certo sistema di valori mostrano che il re è nudo. Vedono bene che non sono gli altri i barbari da educare. Hanno chiaro che l’Occidente stesso, nonostante le affermazioni di principio, ha compiuto tante violazioni dei diritti umani. In primis pensiamo a un crimine enorme come la Shoah. Ma pensiamo

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