Qui, il documentario di Daniele Gaglianone (Ruggine, Pietro, La mia classe) sembra porre il dilemma antico dell’uomo di fronte alla legge. Come Antigone che voleva seppellire i resti del fratello contro l’ordine di un tiranno insensibile e ottuso o il Principe di Homburg emblema della dicotomia tra l’obbedienza agli ordini ed il fare ciò che è giusto.
L’individuo in questo caso è un’intera collettività, gli abitanti della Val di Susa che si sono trasformati lentamente ed inesorabilmente in oppositori dello Stato Centrale la cui legge viene percepita come ingiusta. In Val di Susa onesti cittadini, padri di famiglia, parrocchiani, sindaci, ex carabinieri, anziani, si sono ritrovati di colpo uniti in una lotta non violenta ma determinata a non lasciare che un potere astratto, “divino”, passi sulle loro teste, sventri il territorio, con l’Alta Velocità Torino Lione, senza che loro possano esprimere le proprie riserve o manifestare il proprio disappunto. Tutto questo in nome di un progresso che lassù è definito “spazzatura”.
Gaglianone segue con stile asciutto, icastico, uno ad uno i dieci protagonisti di questa vicenda che ormai da anni ha incendiato la valle e che abbiamo imparato a conoscere come il movimento No-Tav. E lo fa con pudore, tuttavia scegliendo da che parte stare. Scopriamo Gabriella popolare esponente del volontariato sociale della valle di Susa, che insieme al suo gruppo, i “Cattolici per la vita della valle”, compie un pellegrinaggio quotidiano, per raggiungere le reti di recinzione del cantiere di Chiomonte e condurre una sessione di preghiera collettiva, sotto gli occhi delle forze dell’ordine. Aurelio che ha seguito in presa diretta la lotta NoTav attraverso i microfoni di Radio Blackout, emittente dell’area antagonista di Torino. Il sindaco di Venaus Nilo Durbiano, che vive il conflitto lacerante fra la sua carica istituzionale e l’amore per la sua terra e ricorda il momento più alto e decisivo della battaglia civile della valle di Susa, nel dicembre 2005, quando l’inattesa mobilitazione di decine di migliaia di valsusini portò il caso all’attenzione dei media nazionali e costrinse il governo a sospendere il progetto. Cinzia, l’infermiera, che tenne una singolare “lezione civile” a un reparto di carabinieri, a Chiomonte, facendo leva sulla coscienza personale dei militari. O la famiglia Perino che rischia di vedere schiacciata la propria casa fra piloni di cemento e amianto che la montagna inevitabilmente sputerà dentro i loro polmoni.
Antigone voleva seppellire i resti di Polinice contro la volontà di Creonte, in Val di Susa gli abitanti difendono il diritto di non venire sepolti vivi in una grotta da colate di cemento e da uno stato che ha eletto un progresso incondizionato e disumano a modello per tutti i suoi cittadini. Lo Stato-Creonte farebbe bene a rileggere la tragedia di Sofocle perché i suoi cittadini, questa volta, non lasceranno morire Antigone e Creonte resterà a maledire la propria stoltezza. Uscendo dalla sala cinematografica resta un’esortazione: che la lotta non diventi una messa.