L’amministrazione Obama ha cancellato, per ora, l’ipotesi di costruzione dell’oleodotto che prevedeva un passaggio al di sotto del fiume Missouri, in North Dakota. Le terre sacre dei Sioux e le loro fonti di acqua potabile sono dunque salve. L’Army Corps of Engineers, che è la struttura che deve dare il parere tecnico e concedere l’ultima autorizzazione ha deciso che il percorso deve essere diverso. Per ora quindi la costruzione dell’acquedotto da 1900 chilometri, quasi completato in altre parti del percorso, è bloccata.
«Non saremo mai abbastanza grati all’amministrazione Obama per questa decisione storica» ha commentato il capo tribù Dave Archambault. Tutta la nazione indiana aveva protestato per mesi al freddo del North Dakota, subendo la violenza della polizia e dei vigilantes della multinazionale Energy Transfer Partners – da qualche giorno si erano uniti anche 3500 veterani dell’esercito chiamati a raccolta da Tulsi Gabbard, a sua volta veterana e rappresentante delle Hawaii per i democratici.
Grandi festeggiamenti per una vittoria, che come spiega su Guardian il leader ambientalista Bill McKibben segna un passaggio storico pur ricordando immagini del passato: i cani contro le persone come in Alabama negli anni 60 e l’accampamento indiano come in dagherrotipi in bianco e nero.
Che succede adesso? L’amministrazione non ha negato l’autorizzazione per due ragioni: la prima è che una serie di tribunali la avevano autorizzata (e quindi la decisione è impugnabile più facilmente), la seconda è relativa alle procedure, quello dell’Army corps è l’equivalente di un parere tecnico e, quindi, anche nel caso l’amministrazione Trump scegliesse di procedere con i lavori – cosa più che certa – occorreranno comunque nuove autorizzazioni. La Energy Transfer Partners minaccia cause e accusa Obama di usare la vicenda per fare politica. La questione arriva sul tavolo di Trump che farà di tutto per sconfiggere le tribù native. E questa, nei mesi o anni a venire, rischia di diventare una delle grandi questioni simboliche che vedranno protagonisti il nuovo presidente e la società civile americana che in questi mesi si è battuta per difendere Standing Rock.