Il dopo referendum secondo la vicepresidente del Comitato per il No. «Siamo in una fase storica in cui passiamo dalla democrazia rappresentativa a quella partecipativa. La sinistra deve coglierlo, recuperando il suo Dna. Renzi? Non è certo di sinistra»

Ha sfidato Renzi per mesi, c’ha messo la faccia e la pancia – è proprio il caso di sottolinearlo – Anna Falcone, vicepresidente del Comitato per il No. Sta per partorire Maria Vittoria ma non si è mai sottratta. Avvocatessa, esperta di diritto costituzionale, è stata una delle protagoniste più significative della campagna referendaria che ha portato alla vittoria del No alla revisione costituzionale Renzi-Boschi. «Mi capita di pensare che sto vivendo un momento davvero bello della mia vita», dice sorridendo. In questi mesi non ha mancato un confronto televisivo o un dibattito. Instancabile, sempre lì, a difendere le idee della Costituzione con un mix di parole alte e di passione che contagia. Tutto nel nome di una democrazia partecipativa, il futuro secondo lei. Reso possibile dall’esisto del voto di domenica.

Anna Falcone, si aspettava un margine così ampio di vittoria tra il No e il Sì?

No, ci speravo, ma non me l’aspettavo. E devo dire che sono stata molto contenta di rimanere stupita dalla partecipazione popolare. Ricordo che non era mai stata così alta per un referendum costituzionale.

A chi oggi parla di populismo cosa risponde?

Il populismo è stato tutto dall’altra parte. Un’espressione irrispettosa nei confronti di un pronunciamento così ampio e partecipato. Quando va a votare il 70 per cento degli italiani e il 60 per cento dice No, si chiama democrazia, non populismo.

L’intervista continua su Left in edicola dal 10 dicembre

 

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