Sono passati vent’anni ma quei ragazzi corrono ancora. Sono i 99 Posse, la più anticapitalista, eterogenea e resistente banda che un centro sociale abbia mai generato dalle proprie mura. L’Officina99 di via Gianturco, zona est di Napoli: qui è iniziata la storia dei ragazzi della Posse che hanno realizzato il loro percorso attivo nella politica dei centri sociali occupati dando alle stampe Curre curre guaglio’, il disco d’esordio riproposto vent’anni dopo.
Quel concentrato di “odio mosso da amore”, interamente cantato in lingua napoletana, è diventato la colonna sonora di una Napoli che, proprio grazie ai movimenti Posse, sembrava svegliarsi dal torpore che per troppo tempo aveva attanagliato una terra bella e impossibile. Sono stati proprio i centri sociali occupati autogestiti, i “Csoa”, a riaccendere la scintilla, a riportare tutto in una dimensione di collettività e condivisione. Un’esperienza che spesso è andata a colmare le carenze di uno Stato assente, al punto da trasformarsi in un “sistema sociale” per i cittadini in difficoltà.
Almeno questa era l’intenzione, forse non sempre realizzata, che tuttavia ha avuto il merito di risvegliare parecchie coscienze, specialmente tra i giovani rincoglioniti dal disimpegno e dalla futilità degli anni Ottanta. Sono passati vent’anni, otto album, migliaia di concerti, una biografia appena data alle stampe (firmata da Rosario Dello Iacovo per Baldini & Castoldi) e i 99 Posse sono tornati con il “nuovo” album, Curre curre guaglio’ 2.0, praticamente l’esordio – ovvero il compendio di quel periodo speciale – ma in una nuova veste.
I testi sono gli stessi, ancora drammaticamente attuali, cantati in compagnia di nuovi e vecchi amici (Avitabile, Di Bella, Clementino, Caparezza…). I 99 sono sempre gli stessi, quelli di una volta, ma con vent’anni in più di Italia sulle spalle. Sono artisti militanti, la loro musica e le loro parole sono diventate colonne sonore di film e spettacoli, come quello andato in scena al teatro Ambra Garbatella di Roma, L’arte della commedia (ovvero impercettibili sfumature), lavoro teatrale firmato Eduardo De Filippo. Sono passati venti anni e quei ragazzi continuano a correre. Solo che adesso non si fanno più male perché hanno «’mparato a caré».