Nella stagione ’70-’71, il Panathinaikos raggiunge la finale di Coppa dei Campioni e affronta l’Ajax di Johann Cruyff. È guidato in campo dal cannoniere Antoniadis
Quando al volgere dell’estate del ‘70 mezzo milione di persone invade l’Isola di Wight, l’Inghilterra di Bobby Charlton e di Bobby Moore è già rientrata dal Messico dove ha lasciato lo scettro nelle mani del Brasile di Pelè. Nel vecchio continente riparte la coppa dei Campioni con la novità dei calci di rigore al termine dei supplementari.
Trentatre partecipanti, uno spareggio preliminare tra Levski Sofia e Austria Vienna e due olandesi ai nastri di partenza: il Feyenoord di Ernst Happel detentore del trofeo e l’Ajax di Rinus Michels vincitrice del campionato. L’Italia manda il Cagliari scudettato di Gigi Riva pronto a superare il Saint Etienne ai sedicesimi. A parte il Feyenoord, eliminato dai rumeni dell’Arad, passano il primo turno tutte le favorite: Borussia Monchengladbach, Everton, Ajax, Celtic e Atletico Madrid.
Insieme a loro: Standard Liegi, Sporting Lisbona, Stella Rossa Belgrado, Legia Varsavia, Slovan Bratislava, Basilea, i tedeschi orientali del Carl Zeiss Jena e gli irlandesi del Waterford a spese dei cugini del Glentoran Belfast. C’è anche il Panathinaikos, guidato in campo dal cannoniere Antoniadis e in panchina da una leggenda vivente: Ferenç Puskas.
Stracciati i lussemburghesi della Jeunesse d’Esch, i campioni di Grecia trovano agli ottavi i cecoslovacchi dello Slovan tra la fine di ottobre e i primi di novembre proprio mentre Richard Nixon si aggira per l’Europa e mentre Salvador Allende vince le elezioni in Cile. 3-0 ad Atene e 1-2 a Bratislava. L’Atletico Madrid intanto elimina il Cagliari e l’Everton fa fuori il Borussia ai calci di rigore.
I quarti di finale sono in programma a marzo del ‘71. A Liverpool, in un Goodison Park straripante, Antoniadis porta in vantaggio i suoi vestiti di bianco e con il trifoglio verde sul petto quando mancano nove minuti. L’Everton pareggia allo scadere grazie a un guizzo del giovane David Johnson. Due settimane dopo, all’ombra del Partenone, finisce 0-0 e il Panathinaikos, per la regola del gol in trasferta, vola a Belgrado ad affrontare in semifinale la Stella Rossa. È il 14 aprile e il Maresciallo Tito è reduce dall’incontro di Roma con Paolo VI all’indomani delle dichiarazioni del Viminale circa il golpe Borghese di dicembre.
In Grecia, invece, il golpe è perfettamente riuscito quattro anni fa e, adesso, i Colonnelli puntano tutto sui ragazzi di Atene per rilanciare l’immagine di un governo che ha salvato il Paese dal pericolo comunista. Gli jugoslavi si aggiudicano la gara d’andata per 4-1: tripletta di Ostojic, rete di Jankovic e gol della bandiera firmato da Kamaras.
Il ritorno si gioca nel pomeriggio del 28 aprile. Il caldo la fa da padrone e l’erba sul terreno è soltanto un ricordo lontano. Le tribune del piccolo stadio Nikolaidis, incastrato tra i palazzi, sono oltre il limite della capienza. Al secondo minuto, Antoniadis segna con una zampata delle sue per poi raddoppiare di testa al decimo della ripresa. Il 3-0 decisivo è di Kamaras in mischia.
L’atto conclusivo va in scena a Londra il 2 giugno, nel fresco del tempio di Wembley. L’avversario è l’Ajax di Cruyff e di Neeskens. Apre le danze una magia di testa del centravanti Van Dijk e chiude i giochi un’autorete provocata da un’incursione di Haan: 2-0. È il 1971. La nuova teoria del calcio totale scrive il primo di tre trionfi consecutivi e l’Europa finalmente si accorge della Grecia.