Nella stagione ’92-’93, il vecchio continente è in pieno sconvolgimento geopolitico. La Jugoslavia, bandita dal campionato europeo vinto in estate dalla sorprendente Danimarca, si ritrova con i club estromessi da: coppa Campioni, coppa Uefa e coppa delle Coppe, a cui partecipano invece le formazioni della Slovenia, risparmiata dalla guerra civile.
L’ex Unione sovietica, scesa in campo come Csi tanto agli Europei di Svezia quanto alle Olimpiadi di Barcellona, manda le squadre di Russia, Ucraina, Lettonia, Estonia e Lituania a riempire oltremisura le stesse urne da sorteggio nelle quali confluiscono i club di altri Paesi altrettanto recenti quali Liechtenstein e Far Oer.
L’aumento delle squadre è contenuto dal ritardo organizzativo di Belorussia, Georgia e Moldavia; dalla persistenza della Cecoslovacchia e da una Germania riunificata che ha congelato i club dell’Est. L’Italia, una e indivisibile, schiera il Milan in coppa Campioni; Juve, Toro, Napoli e Roma in coppa Uefa e il Parma in coppa delle Coppe.
La squadra della Parmalat è una splendida realtà. Promossa in serie A nell’estate del ’90, ha centrato la qualificazione in coppa Uefa nel campionato d’esordio ’90-’91 e ha vinto la coppa Italia edizione ’91-’92. Taffarel, Benarrivo, Di Chiara, Minotti, Apolloni, Grun; Melli, Zoratto, Osio, Cuoghi e Brolin. L’allenatore è Nevio Scala, colui il quale, dopo ogni partita, obbliga i suoi ragazzi a correre intorno al campo per favorire il riassorbimento dell’acido lattico.
La rosa si è arricchita con Sergio Berti e Faustino Asprilla, portati a Collecchio dalle manovre di mercato operate in Sudamerica dalla multinazionale di Calisto Tanzi. E mentre l’argentino fatica a trovare spazio, il colombiano si impone come arma irrinunciabile.
I primi a cadere sotto i suoi colpi, a settembre, sono gli ungheresi dell’Ujpest nello stesso “mercoledì nero” che porta la sterlina fuori dallo Sme e il Parma agli ottavi. A metà ottobre, tocca ai portoghesi del Boavista proprio mentre il mondo celebra i cinque secoli del viaggio di Colombo e mentre la Chiesa annuncia la tempestiva riabilitazione di Galileo. Dopodichè le coppe vanno in letargo fino a marzo, mese perfetto per una bella gita a Praga: capitale della neonata Repubblica Ceca e città del vecchio Sparta. 0-0 al Letnà Stadion e 2-0 al Tardini con reti di Sandro Melli e del solito Asprilla, protagonista assoluto anche nella semifinale d’andata al Vicente Calderon di Madrid, tana dell’Atletico. Una doppietta della freccia colombiana vale la vittoria per 1-2 in trasferta.
Al ritorno, i madrileni sfiorano l’impresa, ma lo 0-1 non basta. Finale a Londra il 12 maggio contro i belgi dell’Anversa guidati in attacco da Alex Czernyatinski. In un tempio di Wembley pieno soltanto a metà, i gialloblù non si fanno emozionare. Vincono 3-1 e sollevano il primo trofeo europeo della loro storia nonostante Asprilla rimasto in panchina per chissà quale mistero disciplinare. Ad eccezione del portiere Taffarel, sacrificato in tribuna come quarto straniero, la formazione è la stessa della finale di coppa Italia dell’anno precedente: Ballotta, Benarrivo,Di Chiara, Minotti, Apolloni, Grun; Melli, Zoratto, Osio, Cuoghi e Brolin. Allenatore Nevio Scala.