Suggerisco di usare Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli (Adelphi), un aureo libretto divulgativo, come esercizio zen, e le sue idee come l’equivalente di un koan buddhista (paradossi o enigmi senza vera soluzione).Prendiamo la meccanica quantistica: un elettrone – dentro l’atomo – se non lo guardo e non lo faccio cozzare contro altri elettroni non è in alcun luogo preciso, anzi “non è in un luogo”. I pezzi che compongono la realtà dunque sono instabili, discontinui, fluttuanti. Non somigliano a sassolini. Piuttosto sono delle vibrazioni. E se non li osserviamo o disturbiamo non si trovano da nessuna parte. Ma come è possibile? Le equazioni della meccanica quantistica ci servono per costruire i transistor ma restano per noi misteriose.
E ancora, spostiamoci dalle particelle elementari, e cioè dalla teoria della meccanica quantistica, alla teoria della relatività generale, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande (si tratta delle due gemme della fisica novecentesca, tra loro in conflitto, ma ciascuna per suo conto perfettamente funzionante). Qui scopriamo un altro koan irrisolvibile: lo spazio è curvo, non piatto, e infatti la linea più breve tra due punti è una curva.
La terra ruota intorno al sole non tanto per la legge di gravità dell’attrazione dei corpi quanto perché dove c’è tanta materia (come nel caso di una stella, il Sole) lo spazio si incurva, e così la Terra rotola in un imbuto. Per non parlare del tempo, che non scorre sempre uguale: ad esempio in montagna è più lento. Riuscite a immaginarlo?
Insomma le scoperte della fisica moderna sfidano continuamente l’intelletto, smentiscono la nostra percezione immediata, sono contro intuitive (la terra non è piatta né ferma).
Infine: la creatività umana, in ogni campo, sembra avere la stessa genesi. Prendiamo l’idea della relatività, l’idea che il campo gravitazionale non è diffuso nello spazio ma è lo spazio. Questa idea nasce in Einstein come “folgorazione”. E si contrappone all’ovvio. Proprio come avviene per l’ispirazione poetica.