Aldo Busi è “controintuitivo”. Non ti dà mai quello che ti aspetti da lui. Da questo libro – Vacche amiche (un’autobiografia non autorizzata), Marsilio -, un po’ narrazione e un po’ saggio autobiografico, ti aspetteresti rivelazioni piccanti, gossip scandalosi, turpiloqui efferati. E invece ti trovi di fronte a un’invettiva civile, a una puntuale denuncia dei vizi antropologici del Bel Paese, a una critica dell’impostura culturale.
Ad esempio: Oriana Fallaci gli suscita ribrezzo con i suoi estremismi antislamici «comodamente residenti negli Stati Uniti», con il suo pensare all’ingrosso, «col cuore in mano, come tutti i cinici che grondano passione un tanto al chilo». Da autentico illuminista e moralista rivendica la sua avversione a preti e a chiese, da quando – ragazzino – sputò l’ostia in faccia al sacerdote. In una telefonata con il papa, ma potrebbe trattarsi dell’imitatore del papa, gli dice che da lui non accetta prediche morali.
Nel libro trovate anche il racconto – godibilissimo, magnificamente scritto – di alcun storie sentimentali (ad esempio, sorprendentemente, con tre donne, in diverse età della vita), ma prevale una scrittura diaristica, dove il saggio di costume diventa una critica affilata delle idee dominanti: «è morta la ricezione di qualsiasi prodotto non immediatamente e visivamente e fugacemente fruibile».
C’è una pagina che vorrei sottoporre a tutti gli educatori, quando Busi auspica che l’umanità prenda in considerazione l’unica scienza risolutiva e alla portata di tutti: «L’autoviolenza etica». Di che si tratta? Semplice: quattro generazioni di fila di umani abituati volenti o nolenti e poi solo volenti a mettere in cima dei propri pensieri il pensiero dell’altro e poi è fatta per almeno quattrocento anni. E ancora: «Ciò che conta per cambiare in meglio il mondo senza spargimenti di sangue è innanzitutto la prospettiva dell’altro cui ci si rivolge, attenerci alla nostra non porta a niente». Agire moralmente è utile e migliora il mondo.