Gli Odiens ci riportano agli anni 60, e lo fanno con tutta la freschezza di chi quegli anni non li ha vissuti, ma li ha consumati ascoltando vinili e 45 giri ritrovati in soffitta. Il risultato è un mix romantico e nostalgico quanto attuale, intriso di indie rock, beat e ye ye, in cui ieri e oggi si mescolano. Ma attenzione: non sono i Baustelle.

Erano gli anni dei cosmonauti e della conquista dello spazio contesa fra Usa e Urss. In Italia si correva veloce, c’erano il boom economico, le prime vacanze al mare e i ragazzi sognavano la California, i Beatles e i Rolling Stones. Gli Odiens ci riportano lì, agli anni 60, e lo fanno con tutta la freschezza di chi quegli  anni non li ha vissuti, ma li ha consumati ascoltando vinili e 45 giri ritrovati in soffitta. Il risultato è un mix romantico e nostalgico quanto attuale, intriso di indie rock, beat e ye ye, in cui ieri e oggi si mescolano.

Prima incisione è il vostro album d’esordio, orgogliosamente registrato in analogico.

Abbiamo inciso tutto su nastro, ci ha aiutato a trasmettere meglio l’immaginario e l’atmosfera retrò del beat italiano degli anni 60. Correggere le sbavature come si fa con il digitale era impossibile, ma ci ha permesso di arrivare a un suono molto più caldo e sincero.

Perché proprio gli anni 60?

Inizialmente suonavamo indie rock, ma ci serviva un riferimento forte che rendesse più credibili i testi in italiano. E poi da piccoli venivamo trascinati ai concerti dei Dick Dick o degli Homo Sapiens. Oggi viviamo in un’Italia molto diversa da quella di allora, la consapevolezza di mettere in musica qualcosa che può sembrare anacronistico c’è, ma soprattutto c’è un lavoro di arrangiamento che riesce a riattualizzare il suono, a rendere un album, carico di citazioni, molto più un semplice revival.

A proposito di citazioni, in molte canzoni ritroviamo uno stile vicino ai Baustelle.

Ci piacciono molto, soprattutto i loro primi album Sussidiario, La moda del lento. In Prima incisione aumentano però i rifermenti beat.

I vostri testi parlano per lo più d’amore

Riprendiamo un tema tipico delle canzoni anni 60, ma cambiamo prospettiva. Diamo maggior importanza al testo e ci concentriamo soprattutto sull’aspetto dell’ossessione, come in “Voyeurismo” o in “Routine”.

Vi chiamate Odiens, un riferimento a quelli che «odiano a tempo pieno» della vostra canzone “Il fascino discreto della misantropia”?

Sì, è un gioco di parole con il latino odiens, colui che odia, e una versione italianizzata di audience, ma è anche un tributo agli anni 80 dove Odiens era un programma tv un po’ trash con Lorella Cuccarini. Ci piaceva l’idea di mescolare i piani e le epoche. Un classico nome da band sixties, come I Corvi, I Camaleonti o Le Orme, sarebbe stato noioso.

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