Come la Coca Cola e la Carlsberg, anche i vini italiani figurano tra gli sponsor dell’evento più atteso del 1990. Eppure la partita inaugurale non è affidata né all’americano Vincent Mauro né al danese Peter Mikkelsen. E nemmeno a Tullio Lanese o Gigi Agnolin. La Fifa sceglie Michel Vautrot, fischietto di Borgogna, vendemmia 1945.
A Milano sono le sei del pomeriggio dell’8 giugno, le cinque ora solare, e fa quasi 30 gradi per la gioia dei camerunensi vestiti color del prato e pronti a sfidare l’Argentina detentrice del titolo e capitanata da Maradona, campione d’Italia con il Napoli, accolto dagli insulti di tutto lo stadio eccezion fatta per il loggione ove siede Bettino Craxi, cognato del sindaco Pillitteri e triste nel dover lasciare la finalissima al Teatro dell’Opera di Roma, comunemente detto Olimpico. I mondiali di Italia ’90, canto del cigno della Prima Repubblica, tagliano il nastro in mondovisione. Nei cantieri per costruire i nuovi stadi si sono contati 24 morti e oltre 600 infortuni sul lavoro. Il sorteggio dei gironi, condotto da Pippo Baudo e da Sofia Loren, ha stabilito: azzurri a Roma, inglesi a Cagliari per ordine del ministro dell’Interno Gava, Brasile a Torino, Germania a Milano e Argentina a Napoli tranne la gara d’esordio prevista in coda alla cerimonia d’apertura, firmata dai grandi nomi della moda.
Carlos Bilardo schiera Pumpido in porta; Lorenzo, Simòn, Ruggeri e Fabbri in difesa; Sensini, Basualdo e Batista a centrocampo; Maradona, Balbo e Burruchaga in attacco. Il sovietico Nepomniachi si affida al vecchio N’Kono tra i pali; difensori: Kana-Biyik, Massing, Ebwelle e Tataw; centrocampisti: M’Bouh, M’Fede, Kunde e N’Dip; attaccanti: Omam-Biyik e Makanaky. Il primo tempo finisce 0-0. Nell’intervallo, dentro Caniggia e fuori Ruggeri, ma il Camerun continua a resistere anche in dieci dopo la severa espulsione di Kana-Biyik. Al ventesimo della ripresa, Lorenzo stende Makanaky vicino al vertice dell’area grande: punizione. Nepomniachi temporeggia e sostituisce M’Fede con Libiih. Kunde attende il fischio di Vautrot e crossa in mezzo dove Makanaky stesso, spalle alla porta, anticipa il marcatore con il destro e alza la palla all’indietro, a campanile, a metà strada tra il dischetto del rigore e il limite dell’area piccola. Omam-Biyik, il numero 7, sguscia imprendibile come un leopardo in mezzo a Fabbri e Simòn e fiuta la preda che scende dal cielo prima di saltare sui tendini. Sensini prova a contrastarlo ma ormai è tagliato fuori, l’avversario gli ha preso il tempo. Omam- Biyik vola e resta sospeso con i piedi all’altezza delle spalle del difensore, impatta la sfera con la fronte e la schiaccia a terra dopo una perfetta rotazione del busto. Pumpido accenna la parata ma né le ginocchia né le mani impediscono all’ultimo gioiello griffato Adidas di rotolare in rete.
Sugli spalti è un tripudio di africani veri e di convenienza. Bandiere rosse, verdi e gialle fanno da cornice alla rabbia dei biancocelesti e alla sofferenza di Maradona che tanto piace al pubblico di San Siro. Miracolo a Milano: il Camerun batte l’Argentina e vola in testa al girone B. L’Italia gioca domani, sabato sera, perfetto per i caroselli in macchina con le bandiere al finestrino. Inizia la carnevalata.