Quegli insopportabili vecchioni del ’900 avrebbero parlato di demagogia. Ora il termine è in disuso. Quale demagogia? Si tratta di buona comunicazione, risponde all’esigenza di trasmettere ottimismo. In fondo l’economia si basa sulle aspettative: se la gente si convince che il peggio è passato e che il meglio stia venendo, il meglio verrà. È il Renzi-pensiero in economia. Anche in questo è un buon allievo di Berlusconi (ricordate il milione di posti di lavoro in più?). Ma non starei sereno, si è visto come è andata a finire con Berlusconi (che comunque ci ha governato per vent’anni… forse è il caso che anche noi non si stia tanto sereni).
L’ultima trovata è stata il “tesoretto”. Il Sole 24 ore ha parlato di arma di “distrazione” di massa. Rifacendo i conti, dicono dal governo, ci siamo accorti che possiamo spendere 1,6 miliardi in più rispetto a quanto preventivato. Evviva, evviva. Si apre il dibattito su come impiegare questa improvvisa ricchezza e ognuno fa la sua proposta e ognuno vuole la sua parte. E va bene così. Ci vuole ottimismo e allegria, alla faccia dei soliti gufi. Poco importa che quei denari non ci siano. Che cos’è infatti il tesoretto? Il governo prevede ora una maggiore crescita del Pil per quest’anno (ben 0,7% anziché 0,6%!) e un maggiore risparmio di interessi sul debito pubblico. Il deficit del bilancio pubblico scenderebbe al 2,5% del Pil dallo 2,6% che si era contrattato con la Commissione europea. Il tesoretto è dunque quella differenza di 0,1 punti di Pil imputabile a previsioni più favorevoli.
Il fatto è che i calcoli di tutta la manovra di bilancio sono costruiti sulla sabbia. Si basano sulla previsione di 7 miliardi di riduzione di spesa, che sono del tutto incerti, e che possono essere comunque devastanti (si pensi alle province che non manutengono più le strade, alle scuole che cadono a pezzi, e che si reggono solo sulle donazioni delle famiglie, alle aule universitarie ove si rompe il proiettore e non si può cambiare ecc.). Ci sono poi oltre 3 miliardi di entrate che dovrebbero derivare dalla lotta all’evasione, che sono ancora più incerti delle riduzioni di spesa. E via dicendo.
Non mi scandalizzo della finanza creativa, può anche andare bene se è l’unico mezzo per sfuggire alle forche caudine delle regole europee (Tremonti ha aperto una strada). Ma evitiamo almeno di scoprire tesoretti. E ricordiamo che se non si riscrivono le regole europee e ci si barcamena con i trucchetti, prima o poi si va a sbattere. Pensiamo alla Grecia che è entrata nell’euro con la finanza creativa (con la consulenza della Goldman Sachs), ma che è stata poi chiamata a pagarne il conto (anche qui c’è dunque poco per noi da stare sereni).
Intanto, comunque, ci ha pensato la Corte Costituzionale a fare piazza pulita di ogni speranza di tesoretto, con la sentenza che ha dichiarato illegittima la norma con cui il governo Monti congelò l’adeguamento all’inflazione delle pensioni al di sopra di un certo livello (1.405 euro lordi) nel biennio 2012 e 2013. L’effetto a regime sarà un costo per le finanze pubbliche attorno agli 8-9 miliardi annui. Sul piano economico la sentenza è discutibile perché la norma, per quanto rozza, ha consentito un notevole risparmio di spesa in un momento di acuta crisi salvaguardando le pensioni più basse. La rivalutazione che dovrà far seguito alla sentenza della Corte andrà a beneficio di tutti i pensionati, anche dei più ricchi.