Dalle isole britanniche e le montagne scozzesi arrivano due messaggi chiari. Primo: quando hai perso contatto con la tua storia, e non hai un progetto politico alternativo, sei destinato a prendere una salutare batosta elettorale. Laburisti e liberaldemocratici, per ragioni diverse, hanno perso contatto con le loro radici storiche. Risultato? Se uno deve votare un partito che propone un messaggio, che è copia sbiadita dell’ideologia dominante, tanto vale votare per l’originale, specie quando uno c’è l’ha già in casa.
Secondo: c’è vita a sinistra anche nel Regno di sua maestà. Certo si tratta solo di una voce di periferia come spesso accade di questi tempi. Una voce squillante però e con un accento un po’ strano. Un accento che magari farà sorridere i convitati al ricco banchetto conservatore. Tuttavia, quella voce dall’accento marcato, porta un messaggio solidaristico e progressista. Ricordo le parole del mio amico Cailean, che qualche anno fa guardandomi serio mi disse, ne ho abbastanza di Oxford, torno a Glasgow per ricostruire la sinistra. Devo dire che non gli diedi molto peso e, come spesso mi accade, mi sbagliavo grossolanamente.
Non c’è progressismo senza solidarietà e oggi essa va ricostruita partendo dai territori marginali. Da qualche anno, Cailean e gli altri membri dello Scottish National Party, si sono messi in marcia quartiere per quartiere. Si sono messi in marcia per mobilitare “la gente comune” contro l’ideologia dominante. Un’ideologia che in pochi decenni ha quasi completamente distrutto, garanzie sociali che erano il fiore all’occhiello di Albione.
Quello dello Scottish National Party, non è semplice indipendentismo, ma la voglia (e la capacità pratica!) di mobilitare chi, stanco di certe politiche, si riconosce come popolo. Un afflato solidaristico e popolare quello scozzese, che ricorda molto da vicino quello di Syriza. Il successo elettorale della nuova sinistra greca è fatto si di lacrime, sangue e austerità, ma anche e soprattutto di gruppi di mutuo soccorso, che sono sorti come funghi.
Un altro popolo che si mette in marcia e non si arrende a essere sferzato e battuto; un altro popolo che nel bel mezzo delle difficoltà si riscopre “collettivo”. Queste storie di periferia hanno valore fondante anche per il futuro del progressismo italiano. È solo tornando alle radici, allo “spirito solidaristico spicciolo”, ai messaggi semplici e popolari che parleremo alla maggioranza invisibile.
A chi mi fa notare, che ricostruire la sinistra significa fare un partitino del 3%, vorrei ricordare che in Italia, nessuno (a parte Grillo e la Lega!) a sinistra ha mai avuto la capacità di parlare direttamente alla maggioranza invisibile. Non c’è rappresentazione, non c’è progressismo, non c’è sinistra, se non riparti dalle “tue” basi sociali: dalla creazione di uno spirito solidaristico, fondato sul riconoscimento della comune condizione di svantaggio. Dal comune interesse alla redistribuzione e all’uguaglianza. Un messaggio questo, che la sinistra ha smesso di incarnare nel nostro Paese da almeno quarant’anni. La maggioranza invisibile e la sinistra mi ricordano terribilmente quelle statue di Michelangelo incapaci di uscire dal marmo, incapaci di essere rappresentate, incapaci di rappresentarsi. Non penso che sia un compito facile uscire da quel marmo, ma piuttosto che sia un percorso necessario.
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