«Sebben che siamo donne/ paura non abbiamo./ Abbiam delle belle e buone lingue/ e in lega ci mettiamo». Così domenica scorsa ha concluso il suo discorso Stefano Rodotà all’assemblea generale della Coalizione sociale. Ha citato Giovanna Daffini, ex mondina, e una delle sue canzoni più belle. E ha spiegato: «Le donne allora erano escluse, e tuttavia “sebben che siamo donne, paura non abbiamo”, non dobbiamo avere paura. “Abbiamo delle belle e buone lingue”, abbiamo il diritto di esprimerci e di essere ascoltati, di vedere le nostre parole arrivare dappertutto. “E in lega ci mettiamo”, l’azione collettiva, questa è la Coalizione sociale».
La sensazione in via dei Frentani, è di essere di fronte a una umanità giustissima. Giusta a tal punto da sembrare sbagliata di questi tempi. Utopica, al solito. Eppure Rodotà ci ha tenuto a dire che non è vero. Che «non si parte da zero. Si parte da una realtà ricchissima, fatta di identità che possono rimanere differenziate, anzi è bene che lo rimangano. Il compito della Coalizione sociale è farle discutere. Anche accesamente». E poi reinventare diritti, recuperare democraticità e interesse per le persone. «È un compito molto difficile ma che non può essere eluso.
Non è un azzardo, è un compito – ha ripetuto – una scommessa. Su di una società che non può essere considerata indifferente o inesistente. Stanno costruendo una democrazia senza popolo e senza società, proprio come diceva Margaret Thatcher “la società non esiste”. E invece la società esiste. C’è». Interesse che recupera sfiducia e che cura fratture. “Creatività sociale” che salva la democrazia.
«Siamo su un treno. Un treno in movimento». Queste le parole utilizzate dal “vecchio” costituzionalista. Un treno in movimento. Sarà questo il problema – penso -, il movimento. Quello che scatena il dileggio dei “mal” pensanti che in movimento non ci sono più da anni. Fanno finta semmai. E sono costretti a falsificare ciò che vedono. Meglio dire tutti vecchi, anzi tutto vecchio. Fare tre foto, scrivere qualche fondo per irridere il tutto ed eliminare anche il pensiero. Perché l’importante è che nessuno si muova. O almeno che non si veda nulla. Altrimenti si potrebbe notare che loro sono fermi. E da tempo.
Anche il leone che sbrana tutti (questo ci è sembrato Renzi alla direzione del suo Partito lunedì scorso) ha liquidato, veloce e sorridente, Maurizio Landini: «La sua è demagogia pura e sarà sconfitto. La coalizione “a-sociale” (scherza pure sul nome!) è destinata ad essere sconfitta dai numeri e dalla logica». Sconfitti dove? Su quale campo? Me lo chiedo ancora una volta. Se lo chiederanno anche alla Coalizione sociale, ora.
Io non so che direzione prenderà il treno del segretario Fiom e della sua Coalizione, non so se riuscirà ad avere una rappresentanza politica degna o verrà divorato dal solito passato peggiore, quello che ha già fallito più volte. So soltanto che ho visto una umanità giustissima che si propone di fare una cosa importante: ritrovare un popolo, ricostruire uno spazio sociale, un Noi. E so che questo tentativo merita una attenzione diversa, più profonda. E dell’interesse “migliore”, più generoso. Pieno. Perché Landini chiede di capire: «Non possiamo continuare a prendercela col cattivo di turno: di cosa finora non ci siamo accorti? In cosa, Noi, abbiamo sbagliato?». In cosa abbiamo sbagliato? Cosa non abbiamo visto? Sono domande serie. Che meritano apertura, inclusione, sintesi, elaborazione nuova, onestà, coerenza. Anche silenzio, pensiero. Certo nessuno sfottò. È un compito faticoso. Ma che non può essere eluso. «È una scommessa, non un azzardo». Per dirla alla Rodotà.
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