Tempi duri per i partiti che diventano sempre più “liquidi” e impalpabili. Lo dimostrano le continue trasmigrazioni da un gruppo all’altro in Parlamento, il numero crescente di “dissidenti” e i tentativi di creare nuove formazioni. Se i partiti non sono più quelli di una volta, con una forte identità, avanzano invece a vele spiegate i think tank, le associazioni e fondazioni che spesso, va detto, hanno come un punto di riferimento proprio un esponente politico. Qualche esempio? Matteo Renzi è legato alla Fondazione Open, Massimo D’Alema a ItalianiEuropei, Angelino Alfano a Fondazione Alcide De Gasperi, de Magistris a DemA, Flavio Tosi è il personaggio di riferimento di Ricostruiamo il Paese, Giovanna Melandri di Human Foundation, l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani di Nuova economia, nuova società… e così via. La Fondazione Vedrò di Enrico Letta ai tempi del suo governo ha battuto tutti i record: ben cinque membri (Alfano, Lupi, De Girolamo e Orlando, e lo stesso Letta) avevano contemporaneamente incarichi di governo e facevano parte di Vedrò.
Un quadro aggiornato su quanti e quali sono i think tank italiani lo fornisce il minidossier dell’associazione Openpolis “Cogito ergo sum”. I pensatoi censiti sono 65, alcuni esistono dagli anni Cinquanta, ma oltre la metà, 33, sono fioriti tra il 2000 e il 2009. Openpolis ha censito 1800 membri complessivamente dei quali, per 1541, sono state rintracciate le competenze. Ebbene, per il 36 % sono esponenti politici mentre per il 35 % appartengono al mondo accademico. Una differenza enorme con i think-tank anglosassoni, che si vivono a stretto contatto con la politica, ci dialogano e lavorano, ma non sono emanazione di questa. Semmai sono un buen retiro per politici in pensione che vogliono continuare a lavorare un tema e dialogare con i media. Ma vi sono anche imprenditori (11,03%), dirigenti (3,83%) e giornalisti (3,70%). Due sono i ruoli principali dei think tank: organizzare convegni e seminari e promuovere attività editoriali. La loro connotazione politica è abbastanza chiara: il 30,7% si può ascrivere al centrosinistra, il 24,6% al centrodestra, il 10% sono di sinistra, il 6 di destra, il 13 % di centro e infine sempre 13 % sono bipartisan.
Sono quattro secondo la ricerca Openpolis i thik tank che detengono il record per “connessioni” con altri soggetti e con l’esterno. ItalianiEuropei il cui personaggio di riferimento è Massimo D’Alema, Astrid (Franco Bassanini), Aspen Institute Italia (Giulio Tremonti e Giuliano Amato) e la Fondazione ItaliaUsa (Barbara Contini) in cui 18 persone fanno parte di altre associazioni. Infine, tra i personaggi che detengono il record di appartenenza a più associazioni troviamo Stefano Rodotà (Fondazione Basso, Rosselli, Astrid, Critica liberale), Marta Dassù (Humain Foundation, ItaliaUsa, Aspen e ItalianiEuropei), Ernesto Realacci (Open, Symbola, Ecodem, Centro per un futuro sostenibile), Franco Bassanini (Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, Astrid, ItalianiEuropei, ItaliaUsa).
Insomma, un grande intreccio all’interno dei think tank italiani di cui il 66% ha almeno un membro in un altro organismo. Con scambio di cervelli, interessi e relazioni. E con un tratto che li contraddistingue tutti: la scarsa trasparenza. Come hanno messo bene in evidenza i ricercatori di Openpolis, solo il 6,15 % mostra online l’elenco dei soci, l’1,54 % l’elenco dei finanziamenti e infine, il 7,69% il proprio bilancio.