Jeremy Corbyn vuole uno Stato sociale non solo efficiente ma “inclusivo”, una scuola pubblica, rette universitarie più basse, la proprietà comune dei mezzi di produzione, un’Europa diversa. Parteggia per le ragioni della Grecia, guarda Podemos in Spagna e toglie il sonno a Tony Blair.

E quando tutti sperano che sia finita, quando sembra prevalere per l’ennesima volta quel “mal comune mezzo gaudio” e sulle colonne dei nostri quotidiani ricompare lo scherno gaudente dei soliti noti di fronte alla “nuova” sconfitta della sinistra, eccoci. Siamo qui a ridirvi e a riscrivere che non è vero. Non basteranno uno, dieci, cento, mille fondi di Aldo Grasso a convircerci che «prendiamo lucciole per lanterne» e che siamo destinati «sempre alla sconfitta e alla perenne stasi nell’illusione demagogica». Deride la brigata Kalimera lui. «L’allegra Brigata – scrive il 23 agosto sul Corriere della sera – oggi è triste: il suo destino, se continuerà a prendere lucciole per lanterne, sarà sempre la sconfitta, la perenne stasi nell’illusione demagogica. Il modello Tsipras come antidoto al renzismo è svanito e con esso l’occasione per un’altra politica della sinistra italiana». Canzona, sarcastico, tutti quelli che avevano sperato in una soluzione per la Grecia diversa e in una risposta “collettiva”ad un’Europa troppo sbagliata. Tronfio per l’ennesimo passaggio stretto, strettissimo, si crogiola Grasso e i molti come lui. La Grecia si è piegata, Siryza si è spaccata, ve lo racconta Francesco De Palo in questo numero. L’alternativa non esiste dunque. Tenetevi ciò che avete, è il meglio che c’è. Lo ripete, lo ripetono in tanti sperando di “asfissiarci” le menti. Perché come diceva un amico qualche anno fa “chi è fallito non si preoccupa di se stesso, è già morto. Si preoccupa di chi non lo è. Di chi è vivo”. E allora questa settimana torniamo, indefessi sostenitori di un’umanità “naturalmente” di sinistra, a raccontarvi ancora una volta di chi nasce, di chi è vivo, di chi non si preoccupa di vincere o perdere ma di “cambiare” la vita degli altri. Di tutti gli altri. E in meglio. Di Jeremy Corbyn, probabile nuovo leader dei Labour inglesi. Colui che ha scatenato tale angoscia in Tony Blair da infiammarne persino la penna. «Anche se mi odiate, votate chiunque ma non lui», ha scritto sulle colonne del Guardian l’uomo della Terza via. Perché il socialista Corbyn, come scrive Massimo Paradiso, è il suo «esatto opposto». Vuole uno Stato sociale non solo efficiente ma “inclusivo”, una scuola pubblica, rette universitarie più basse, la proprietà comune dei mezzi di produzione, un’ Europa diversa. Parteggia per le ragioni della Grecia e guarda Podemos in Spagna. E lo fa con una «convinzione e un candore che ne stanno facendo un eroe». Basta così poco, o così tanto (che dir si voglia), e la fila per votarlo è fatta. Tre sterline, tanto si paga in Inghilterra per poter scegliere il futuro leader del proprio Partito, con la speranza di veder tornare la sinistra. Una sinistra socialista classica che vuole la fine dell’austerity e la ricostruzione di un’economia di Stato dal volto umano, «che riparta dalle esigenze dei più deboli» come scrive Stefano Santachiara. Così volevamo dirvi che dovranno rassegnarsi, anche questa volta, i Grasso d’Italia, non c’è sarcasmo che regga, né Troika che tenga, né Partito della nazione che vinca. La sinistra, quella vera, pensa. E nasce. Reagisce. E vive. In ogni angolo del mondo e di umanità. Non c’è «trapianto di cuore» (come auspica Blair per i supporter di Corbyn), che funzioni. Perché come ci racconta su queste pagine lo scrittore Antony Cartwright «è cambiata l’economia, l’industria. Ma gli esseri umani ci sono ancora. In questo senso penso che Jeremy Corbyn offra una speranza di riscatto. Una speranza “precaria”, certo, perché gli interessi di parte e corporativi delle destre si muovono per spezzarla. Ma forse è più difficile distruggere questa speranza, che non la Thatcher e i suoi seguaci. Forse finalmente apriamo gli occhi e ci rendiamo conto che siamo qui, più vivi di prima».

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