Lo show televisivo al Valium, la trovata del mini-rientro dei cervelli e lo stato disastroso delle nostre università

«È passato tanto tempo, presidente…. ». Fabio Fazio, con il suo usuale “stile di velluto”, senza fare domande difficili, accoglie il presidente del Consiglio nel suo salotto di Che tempo che fa. È domenica sera, l’ora del discorso agli italiani.  Informale, colloquiale, amichevole.  È il siparietto tranquillizzante che deve togliere l’ansia ai cittadini. Altrimenti accade che, come dice il premier, gli italiani non spendono «i risparmi nascosti in banca» se i politici alimentano « un clima da terrore». E quindi, giù gocce di “Valium renziano”. Calma cittadini, è tutto sotto controllo, le riforme le abbiamo portate avanti, il Jobs act, la legge elettorale ecc. ecc.  Che importa se a Roma c’è il terremoto, con un partito democratico allo sfascio, se le amministrative sono alle porte senza candidati forti.  Se le riforme “eticamente sensibili”, come le unioni civili e il diritto di cittadinanza o sono ferme o sono parziali…Se la legge di Stabilità avrà bisogno di tanti soldi…

Poiché  la notizia è fresca – quella dell’attentato in Turchia -, «una notizia che mina al cuore», Renzi comincia dalla politica estera a rassicurare gli italiani. Nessun bombardamento in Iraq, «non è Risiko», dice, mentre invece spende un sacco di parole per prefigurare il ruolo dell’Italia nello scacchiere internazionale. L’Italia in prima linea in Afghanistan, in Libano, tra poco in Libia e poi naturalmente nei Balcani. Ma è soprattutto in Africa che l’Italia deve andare secondo il presidente del Consiglio: a promuovere cooperazione, a investire, anche per far rimanere in loco i futuri migranti (Salvini sarà stato contento).

Nel bel mezzo della politica estera, il capolavoro di Fazio, «l’assist», come l’ha definito lo stesso Renzi. La domanda sugli italiani emigranti, un rapporto di tre a uno rispetto ai migranti che arrivano. Eccola la super notizia che anticipa i futuri provvedimenti sull’università e la ricerca che si attendono con trepidazione: ultimi in Europa per laureati, i prof più anziani del continente e un esercito di giovani ricercatori che non possono essere assunti per via del blocco del turnover. E in più le diseguaglianze crescenti tra atenei del Sud e del Nord e le borse di studio tagliate. Come risolvere tutti questi dannati problemi? Semplice: far rimpatriare 500 “cervelli” dall’estero – ma possono essere anche stranieri, come è successo per i direttori dei musei – specifica Renzi. «Un concorso nazionale basato su merito-merito, non importa di chi sei amico», spiega il presidente del Consiglio con un pizzico di sarcasmo e naturalmente parlando alla pancia del “cittadino furioso“.  Oltre all’assegno, al prof rimpatriato verrà dato «un gruzzolo per propri progetti di ricerca».  Nel più perfetto stile renziano la soluzione sta dunque nella soluzione-tampone, estemporanea e ad effetto. Immaginate le storie sui giornali (a partire da l’Unità) sui personaggi in questione: gronderanno di patriottismo intellettuale, di happy end lacrimevoli. Il fatto è che il rientro di 500 persone, un’ottima cosa, non cambierà lo stato della ricerca e della didattica universitaria. Lo sanno bene quei docenti il cui contratto di lavoro è fermo da sette anni, lo sanno coloro che si trovano alle prese con la ricerca di base sempre più abbandonata. Il progetto dei cervelli che rientrano poi è significativo: si punterà sempre di più sulle eccellenze a scapito del miglioramento tout court della formazione terziaria in generale.  E anche in questo caso si creeranno sempre di più università di serie A e università di serie B, fenomeno che rientra nella “filosofia” reziana o comunque degli uomini a lui vicini su questo terreno, Roger Abravanel docet.


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Su Left in edicola ci occupiamo di Rai, informazione e potere con articoli di Corradino Mineo, una lunga intervista di Ilaria Bonaccorsi a Giovanni Minoli, l’analisi di Loris Mazzetti e un ritratto del portavoce di Renzi, Filippo Sensi, di Luca Sappino

Fabio Fazio su questo tema non ha fatto le pulci a Renzi. Così come ha evitato i temi “caldissimi” come quello sul Pd romano in picchiata. Invece di incalzare Renzi, ha preferito chiedergli del futuro capitolino, e quindi dei papabili per il posto di commissario. Un po’ più di vivacità sulla domanda delle primarie e di Pisapia che non ci sta, ma poi gli ha servito un altro assist, tanto per dimostrare che l’operazione portata avanti dal premier è assolutamente corretta, nonostante i terribili maldipancia del popolo degli iscritti. «Che differenza c’è tra Verdini e Mastella?», come a dire, Renzi non sei il primo e forse non sarai nemmeno l’ultimo a servirti dell’appoggio di un esponente del centrodestra.  Come prevedibile, il premier ci è andato a nozze: non è colpa mia, è colpa di chi mi ha preceduto e non ha vinto a sufficienza alle elezioni del 2013.

Ora siamo tutti più contenti e a cuor leggero affrontiamo il domani. Sperando di non dover essere costretti a prendere davvero il Valium!

[social_link type=”twitter” url=”https://twitter.com/dona_Coccoli” target=”on” ][/social_link] @dona_Coccoli

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.