Un diritto è un diritto: non può essere “soft”. Chiara Ingrao, scrittrice e sindacalista, parla del disegno di legge sulla cittadinanza, lei che ha scritto  Habiba la Magica, con protagonista una bambina di origini africane che tifa per la Roma

«Lo chiamano ius soli temperato, ma un diritto non può essere “temperato”. Un diritto è un diritto». Chiara Ingrao è netta nel suo giudizio sul disegno di legge sulla cittadinanza appena approvato alla Camera e che ora andrà al Senato. Lei di questo tema è un’”esperta” dal vivo, si potrebbe dire. Nel senso che nel 2014 ha pubblicato per «un piccolo ma importante» editore calabrese, Coccole Books, il libro Habiba la Magica. E da allora è stato un fiume ininterrotto di incontri e dialoghi nelle scuole, dalle elementari alle medie inferiori. Partendo dal libro, Chiara è andata a raccontare i suoi personaggi tra i bambini di molte regioni soprattutto del Sud e del centro e a rispondere alle domande dei bambini sulla storia di Habiba. Anche il giorno dopo i funerali del padre Pietro, Chiara si è recata fino in Calabria a parlare con 400 bambini. «Mi è sembrato il modo più bello per rendere omaggio alla memoria di mio padre», dice la scrittrice e sindacalista che nel romanzo Dita di dama (La Tartaruga) aveva raccontato l’esaltante presa di coscienza di alcune operaie in una fabbrica degli anni 70.

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Habiba invece è la storia di una bambina, tifosa della Roma, nata in Italia, con una zia che la “vorrebbe” africana, con il suo mondo di fantasia e di affetti, la scuola, le amiche, le paure e i sogni. Una vita come quella di tanti altri giovanissimi italiani nati da genitori stranieri che si sentono ovviamente italiani a tutti gli effetti. «Capisco chi ha votato a favore del disegno di legge, ci sono centinaia di migliaia di giovani che adesso possono ottenere la cittadinanza. Ma ritengo che sia un pastrocchio, non mi piacciono tutti questi paletti. Temo che in seguito la legge possa avere norme ancora più ristrettive», continua Chiara.

Lo ius soli temperato discrimina i più poveri

La regola “soft” applicata allo ius soli è quella per cui almeno un genitore deve avere il permesso di soggiorno Ue di lungo periodo e deve dimostrare di avere un alloggio e un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (circa 5mila euro). «Mi sembra proprio che questa legge sia il frutto di un compromesso tra Pd e Ncd. E come al solito i compromessi vengono fatti sulla pelle dei più poveri, perché sarebbero proprio quelli che non hanno un alloggio né un reddito adeguato che andrebbero aiutati, quelli insomma che faticano per attivare i loro diritti. Ricordiamoci che una parte degli immigrati non va nemmeno a chiedere la carta di soggiorno», continua Chiara Ingrao. E poi non le va nemmeno giù quell’emendamento per cui un minore deve aver compiuto almeno cinque anni di studi, ma senza insuccessi scolastici.


 

Cosa c’è che non va nella legge sullo ius soli? (che pure è un grande passo in avanti)

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In viaggio nelle scuole a parlare di Habiba

Intanto lei con la storia di Habiba continua a viaggiare per le scuole. Tra poco è la volta di Modena. Il romanzo si è rivelato, continua Chiara, uno strumento per parlare in modo leggero di identità. Contenuti importanti che passano attraverso il personaggio della bambina, le sue paure, i litigi con gli amici, la gelosia per il vicino di casa che corteggia la madre, (perché il padre è morto in mare, come i tanti migranti di questi ultimi anni). E poi c’è la magia, la Scopetta che porta la bambina nel mondo della fantasia che poi le dà una forza nuova. Come è nata Habiba?

La storia nasce da una fiaba per le figlie

«All’origine c’ è una storia che raccontavo alle mie figlie, naturalmente non c’era il personaggio della bambina, era una storia di streghe… Erano gli anni del femminismo rampante, quelli del “tremate tremate le streghe son tornate”, e io ci avevo scherzato su come poteva accadere tra una mamma femminista e le sue figlie». Dopo aver scritto narrativa per adulti, ecco tornare la voglia di riprendere quella storia scritta in un contesto privato. «Volevo un protagonista del presente e chi è più protagonista di questi bambini? Nonostante questo sono invisibili anche nella letteratura per l’infanzia», sottolinea Chiara che cita un saggio di Christopher Myers intitolato proprio The apartheid of children’s literature. «Perché, a parte gli editori progressisti che pubblicano libri molto nello stile “educational”, nella narrativa pura, di avventura, di divertimento non ci sono personaggi di colore. E quando ci sono, sono eroi che si ribellano come Rosa Parks. Myers dice che l’ immaginazione dei bambini di colore è confinata nel ghetto». Chiara non è partita dal personaggio “straniero” per poi arrivare alla storia di fantasia, ha fatto il contrario. Si è chiesta chi potesse essere la protagonista del presente, ed ecco Habiba, arrivata in Italia nella pancia della madre. «Mi è servito anche il vissuto, poiché ho lavorato tanto con le donne migranti, e poi ho tanti amici che vengono da tutto il mondo e una nipotina adottata che viene dalla Costa d’Avorio».

A scuola sono tutti italiani

La soddisfazione più grande per Chiara Ingrao è il fatto che le maestre e soprattutto i bambini non hanno considerato Habiba come un libro antirazzista, un libro su cui imparare storie edificanti. «Il libro ha rotto i confini del libro politically correct», dice l’autrice. E dal 2014 è travolta dagli incontri (per informazioni qui) scoprendo quella “cittadinanza” che tra i bambini è naturale e non ha bisogno di carte di identità. «Per i bambini italiani i loro compagni di origine straniera sono italiani a tutti gli effetti, i bambini che hanno ancora una doppia identità, tendono a dire che sono “mezzo e mezzo”, ma specificando che si sentono più italiani che marocchini o ucraini». Ma fuori delle mura della scuola, la realtà è ben più dura, con la propaganda quotidiana e martellante contro i migranti, per questo gli incontri sul libro di Habiba servono a “consolidare” quelle sensazioni e relazioni nate tra i banchi.

Tornando alla legge, conclude Chiara Ingrao, «nonostante i pastrocchi, si è rotto qualcosa di grosso: il sangue, lo ius sanguinis. È stato introdotto il principio che c’è un altro criterio diverso da quello del sangue». E allora chissà, tra qualche anno, quanti cambiamenti per l’Italia. Habiba avrà tanti fratelli e sorelle, che potranno vivere nel loro mondo di magia e realtà, senza paura.

Una laurea in Filosofia (indirizzo psico-pedagogico) a Siena e tanta gavetta nei quotidiani locali tra Toscana ed Emilia Romagna. A Rimini nel 1994 ho fondato insieme ad altri giovani colleghi un quotidiano in coooperativa, il Corriere Romagna che esiste ancora. E poi anni di corsi di scrittura giornalistica nelle scuole per la Provincia di Firenze (fino all'arrivo di Renzi…). A Left, che ho amato fin dall'inizio, ci sono dal 2009. Mi occupo di: scuola, welfare, diritti, ma anche di cultura.