Le elezioni legislative in Polonia per il rinnovo di Camera e Senato hanno decretato il cambio alla guida del Paese, dal 2007 governato dal partito liberale Piattaforma Civica (PO). A vincere con il 39,1% è il partito euroscettico di destra Diritto e Giustizia (PiS), guidato da Jaroslaw Kaczynski, gemello dell’ex presidente della repubblica Lech, deceduto nel 2010 in seguito al drammatico schianto aereo di Smolensk. Al partito liberale PO il 23,4%. Un mutamento nelle preferenze elettorali del popolo polacco già preannunciato dalla vittoria alle elezioni presidenziali del 6 agosto scorso del candidato dei conservatori Andrej Duda. La sua elezione ha dato inizio ad un periodo di coabitazione tra la presidenza della Repubblica e il governo filo-europeo della Primo Ministro Ewa Kopacz, succeduta a Donald Tusk, oggi alla guida del Consiglio europeo. La nuova premier eletta Beata Szydlo e il suo partito, con 242 seggi ottenuti su 460 alla Camera, non dovranno cercare alleati per governare. Il terzo partito in Parlamento è l’anti-sistema Kukiz, e che prende il nome dal cantante rock fondatore, che ha ricevuto il 9% di voti. Gli altri due partiti del Sejm saranno Nowoczesn del liberale Ryszard Petru con il 7,1% dei voti e il Partito dei contadini (Psl) con il 5,2% delle preferenze. Fuori dalla Camera bassa, perché sotto la soglia di sbarramento dell’8%, rimangono il partito Sinistra unita (Zl) che ha avuto il 6,6%, la formazione di Janusz Korwin-Mikke con il 4,9%, e quella di sinistra sociale Razem (Insieme) di Adrian Zandberg con il 3,9%. E’ la prima volta nella storia della Polonia post-comunista che nessuna forza di sinistra ottiene abbastanza voti per entrare in Parlamento, anche se l’affluenza, che si è attestata al 52%, è stata superiore a quella registrata nelle ultime tornate elettorali. I polacchi hanno quindi deciso di far uscire definitivamente di scena il partito liberale, determinando un forte cambiamento di rotta all’interno del Paese, così come all’interno dell’Europa, in particolare per quanto riguarda la posizione antieuropeista di Diritto e Giustizia e la crisi migratoria, che è stata la principale protagonista del dibattito elettorale.
Il dibattito sull’Unione Europea
Nonostante in quest’ultimo decennio la Polonia si sia affermata come paese leader integrato alle politiche Comunitarie, riconosciuto anche dalla nomina di Presidente del Consiglio europeo di Donald Tusk, l’elettorato sia è spostato. Negli ultimi anni la Polonia ha goduto di una crescita economica quasi ininterrotta e oggi continua a registrare tassi di crescita nettamente superiori alla media europea. E’ l’unico Stato membro dell’Unione Europea che ha evitato la recessione durante la crisi finanziaria, grazie soprattutto al fatto di essersi tenuta molto alla larga dall’euro, del quale non ha mai fatto parte. Nonostante la stabilità economica, la popolazione ha espresso la propria insoddisfazione per la classe politica che ha governato la Polonia in questi ultimi anni, criticandone in particolar modo la visione europeista, che vede la Polonia legata ad un’Europa dipendente dalle scelte della Germania, paese mai amato per ragioni storico-politiche dai polacchi. Diritto e Giustizia (PiS) si è sempre presentato come un partito che antepone gli interessi nazionali a quelli comunitari, che rappresentano, sostengono i suoi candidati, solo gli interessi dell’economia e della finanza tedesche. Sostiene il mantenimento della moneta polacca e il rilancio dell’industria, che si basa su riserve nazionali di carbone, anche se questo significa scontrarsi con la politica climatica dell’Unione Europea.
Diritto e Giustizia intende inoltre promuovere misure che tassino maggiormente comparti come la grande distribuzione e il bancario, controllati prevalentemente da capitale non polacco, utilizzando il denaro che entrerebbe nelle casse pubbliche per innalzare la spesa sociale. Il fatto che la formazione euro-scettica detenga adesso il controllo, oltre della presidenza, anche del Parlamento, crea un problema rilevante per l’Unione europea: non ha più al suo fianco il suo grande alleato in Est Europa. Finora, il premier uscente Ewa Kopacz non aveva escluso un ingresso della Polonia nell’Eurozona, mentre il presidente Duda si era sempre tenuto molto cauto sull’esprimere pareri. In ogni caso, aveva sempre sostenuto che l’entrata sarebbe potuta essere portata a termine solo dietro approvazione da parte dei polacchi mediante referendum e solo quando i salari polacchi fossero stati uguali a quelli dei tedeschi, attualmente ben 4 volte superiori.
Per Bruxelles il rischio che i conservatori decidano di fare squadra con la destra al governo del premier ungherese Viktor Orban, i cui toni sono notoriamente contrari alle istituzioni europee, è molto elevato e creerebbe una situazione difficilmente gestibile. La futura premier Beata Szydło, spesso paragonata a Marine Le Pen, ha più volte detto di ispirarsi alle politiche dell’ungherese Orban. E paradossalmente l’ultranazionalismo del PiS potrebbe favorire Putin, anziché indebolirlo, perché rafforzerebbe ulteriormente le fila di quelle forze che vorrebbero un’Unione europea più debole e un’Europa ancora più divisa.
Ha vinto la retorica anti-migranti
Nei dibattiti televisivi pre-elettorali, la questione su cui più si sono scontrati i candidati premier è stata quella dei rifugiati. Anche se il flusso migratorio ha finora risparmiato il Paese, la decisione del premier di cedere parzialmente al piano di ripartizione voluto dall’Ue, è stata utilizzata dall’opposizione che ha gridato allo scandalo. Ha sostenuto che, facendo così, il Paese sarebbe stato islamizzato e che vi sarebbero stati problemi per la salute dei cittadini, con epidemie come il colera o la dissenteria, portate dai migranti. Concetto ribadito anche dal presidente Andreji Duda che ha parlato di molti rischi epidemiologici. Il presidente del PIS e la candidata premier del suo partito Beata Szydlo hanno fatto leva sulla paura promettendo in più occasioni di proteggere i polacchi dagli stranieri e soprattutto dai musulmani: «oggi, i polacchi sono soprattutto preoccupati per la loro sicurezza», ha detto Szydlo proponendo di aiutare i rifugiati nei loro Paesi. Il PO, già in pesante calo di consensi per i mancati assegni familiari e le promesse non mantenute sul fronte fiscale, non ha avuto vita facile su questo terreno: secondo un sondaggio pubblicato nel mese di settembre, due polacchi su tre sono contrari all’accoglienza. Consapevole della diffidenza dell’opinione pubblica il premier uscente ha insistito soprattutto sulla “ferma posizione” tenuta dalla Polonia in sede Ue con il rifiuto del sistema permanente di quote.
Varsavia ha ospitato fino ad ora circa 200 siriani cristiani, seguiti da una fondazione privata. Il governo uscente ha indicato di poter accettare più rifugiati rispetto a quanto chiesto dall’Unione europea, ma senza dare il numero esatto. Kopacz dal canto suo ha lanciato l’allarme su cosa potrebbe accadere se il Paese fosse consegnato ai conservatori del PiS: «io offro il buon senso e non il fanatismo, una Polonia civile e non una repubblica confessionale», ha dichiarato il premier uscente, commentando le posizioni del PiS vicine a quelle della Chiesa su questioni come l’aborto, la fecondazione in vitro o la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne. «Hai votato tre volte contro i diritti delle donne», ha attaccato Kopacz parlando alla sua rivale diretta Beata Szydlo.