A guastare l’euforia renziana per le riforme arriva come una doccia fredda la notizia dei ricorsi contro l’Italicum che sarano presentati nei tribunali da un agguerrito gruppo di giuristi. È il Coordinamento per la democrazia costituzionale (qui) a guidare la battaglia. Coordinato da Domenico Gallo, ne fanno parte giuristi illustri come Luigi Ferrajoli, Gustavo Zagrebelsky, Felice Besostri, Gianni Ferrara, Massimo Villone, Pietro Adami ma anche Nadia Urbinati, Sandra Bonsanti, politici come Pancho Pardi, Cesare Salvi, Giovanni Russo Spena e parlamentari della sinistra del Pd come Walter Tocci, Corradino Mineo, Felice Casson, Lucrezia Ricchiuti e dissidenti in procinto di uscire come Alfredo D’Attorre o come Stefano Fassina già uscito. Ma ci sono anche parlamentari di Sel e di ex M5s come Francesco Campanella. Il Movimento Cinque stelle ha dichiarato di voler sostenere l’iniziativa del Coordinamento.
Sostengono il Coordinamento anche Libera, Fiom, Usb, Cgil, Libertà e Giustizia, Comitati Dossetti, Articolo 21
Tra il 2 e il 9 novembre i ricorsi saranno presentati nei tribunali dei capoluoghi dei distretti di Corti d’Appello, Milano, Venezia, Roma, Firenze, Bologna, Napoli, Genova, Bari, Trieste, Perugia, Catania ecc. Intanto due quesiti referendari sono stati depositati in Cassazione. Giovedì alla Camera i protagonisti della battaglia contro l’Italicum spiegheranno tutti i dettagli.
Uno dei protagonisti della valanga di ricorsi è l’avvocato Felice Besostri che insieme ad Aldo Bozzi e Claudio Tani è stato colui che ha presentato il ricorso contro il Porcellum che ne ha determinato la bocciatura da parte della Corte costituzionale nel gennaio 2014 . Ma quali sono i punti critici dell’Italicum e perché va abolito? Risponde l’avvocato Felice Besostri in una intervista pubblicata sul numero 20 di Left del 30 maggio 2015.
«Mi faccia una cortesia, quando parlo dell’Italicum, lo scriva con la kappa. Io lo chiamo Italikum». Felice Besostri è uno dei tre avvocati (gli altri sono Aldo Bozzi e Claudio Tani) che con il loro ricorso alla Corte Costituzionale due anni fa hanno affossato il Porcellum. Adesso il legale lombardo ci riprova con la nuova legge elettorale approvata il 4 maggio con la benedizione del ministro Boschi. Besostri, giurista esperto di diritti umani, sta lavorando a una strategia comune insieme ai legali del Coordinamento per la democrazia costituzionale: ricorsi presso le 26 Corti d’appello italiane ma anche «un’arma segreta» sempre sul filo del diritto, mentre non viene scartata nemmeno l’ipotesi del referendum abrogativo, «magari accoppiando la legge elettorale a quella della Buona scuola».
Avvocato Besostri, dopo il Porcellum, l’Italicum. Quali sono i punti critici?
Innanzitutto è una legge che prevede un premio di maggioranza e una distorsione della rappresentanza per la governabilità in una sola Camera. Se la sua entrata in vigore fosse stata subordinata alla riforma costituzionale poteva avere un senso, ma così c’è solo l’indicazione dell’1 luglio 2016 e per quella data non è detto che la riforma del Senato sia stata attuata. Il secondo rilievo: un premio di maggioranza abnorme assegnato a seguito del ballottaggio senza fissare una soglia minima. Teoricamente può accadere che chi ha ottenuto il 25% dei voti arrivi al 54 grazie al premio di maggioranza. Allora il voto libero e uguale previsto dall’articolo 48 dove va a finire? E il voto che deve essere diretto, come dice l’articolo 56? Con la distribuzione di seggi mediante una formula matematica, sottolineo, vengono premiati i candidati che non sono stati votati dai sostenitori della lista.
E il listino bloccato?
L’unica lista che elegge qualcuno con i voti di preferenza è quella che si prende il 40% al primo turno. Chi prende pochi seggi elegge solo i capilista. Facendo un calcolo, si otterranno da un minimo del 55% a un massimo del 70% di nominati. Questo contrasta con l’articolo 51 della Costituzione secondo cui tutti hanno diritto di candidarsi in condizione di uguaglianza. E poi sulla scelta dei candidati c’è un ulteriore problema.
Qual è il problema?
Da noi non esiste una legge sui partiti politici, per cui la scelta del capolista è una scelta affidata arbitrariamente al capo del partito. E poi c’è un altro aspetto fondamentale. Non c’è alcun parametro che riguarda la partecipazione degli aventi diritto al voto. Pur ammettendo che la gente voglia essere governata e sapere la sera stessa delle elezioni chi la governerà, se accade quello che si è verificato in Emilia Romagna – dove ha votato meno del 50% degli aventi diritto – mi sembra chiaro che il popolo non vuole essere governato da nessuna delle liste candidate!
E le minoranze linguistiche? Ci sono disuguaglianze nell’Italicum?
Intanto un milione e 120.000 abitanti, i valdostani e i trentinaltoatesini sud tirolesi, hanno diritto a 12 parlamentari, come gli italiani all’estero che sono oltre tre milioni ma che però non partecipano al ballottaggio a differenza degli abitanti di Valle d’Aosta e Trentino. Questi ultimi, pur avendo eletto i loro candidati partecipano anche al secondo turno, incidendo sul risultato finale. È accaduto nelle elezioni del 2013, quando i voti della Südtiroler Volkspartei furono decisivi per far vincere la lista Italia bene comune. Infine nel nostro Paese abbiamo ben 12 minoranze linguistiche, riconosciute dalla legge 482 del ’99, ma non dalla legge elettorale. Faremo dei ricorsi ad hoc soprattutto nelle Corti d’appello di Trieste, Catanzaro e Cagliari.
Perché promuovete 26 ricorsi in altrettante Corti d’appello?
Contrariamente alla Germania e alla Spagna noi non abbiamo l’accesso diretto alla Corte Costituzionale. Ora, visto che siamo in quella che io chiamo “repubblica giudiziaria federale” – con disparità di trattamento da tribunale a tribunale in merito a questioni di procedura, abbiamo deciso di fare ricorso nei 26 distretti di Corte d’appello. Tra tanti giudici, ne troveremo uno più sensibile di altri ai valori costituzionali!
Il referendum abrogativo potrebbe essere una strada da intraprendere?
In questo caso, o si mettono in gioco organizzazioni di massa come i sindacati o altrimenti il nostro coordinamento non è in grado di raccogliere 500mila firme. Comunque stiamo anche studiando una iniziativa inedita: cercare di configurare il popolo italiano come un potere, visto che l’articolo 1 della Costituzione dice che la sovranità appartiene al popolo. Se il popolo è un potere, ci può essere un conflitto di attribuzione con gli altri? Vedremo…
Perché, a suo avviso, sulla legge elettorale ci sono state reazioni così tiepide?
Non è chiaro chi si oppone. La minoranza Pd, per esempio, non si è sempre mossa con lucidità: la storia dei capilista bloccati e delle candidature che, certo, verranno attaccate nel ricorso, non sono le cose più importanti. D’altra parte nessuno di noi tre avvocati che abbiamo vinto il ricorso sul Porcellum in due anni è mai stato invitato a un qualsiasi dibattito sulla legge elettorale. Purtroppo si è fatto credere che questa legge non era importante come il Jobs act o la Buona scuola. Ma la legge elettorale è la pietra angolare. Perché solo con un Parlamento che rispetta le opinioni degli italiani si può sperare di avere delle leggi migliori di quelle che ci stanno propinando.