Pancetta, salsicce e carni lavorate possono provocare il cancro. Le carni rosse "forse" lo provocano. La lobby della carne nega e, nei soli Stati Uniti, ha un business di circa 894 miliardi. Abbastanza per influenzare il governo federale con azione di lobbying

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato che pancetta, salsicce e carni lavorate e carni rosse possono provocare il cancro. Un gruppo di 22 esperti internazionali  ha esaminato decenni di ricerche sul legame tra carne rossa, salumi e cancro e ha riassunto i dati in un documento dello Iarc, l’International Agency for Research on Cancer, ramo dell’Oms che si occupa di cancro pubblicato da The Lancet, forse il più importante giornale medico del pianeta.
«Il consumo di carne lavorata – si legge nella relazione – è stato inserito nel gruppo 1 (lo stesso nel quale compaiono sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta come il fumo, il benzene, l’arsenico e l’alcol) in base a una evidenza sufficiente per il tumore colorettale». La carne in generale, come spiega la rivista Test dedicata ai consumatori, contiene grandi quantità di grasso e sembrerebbe fondato il  dubbio che il composto che la rende rossa possa danneggiare lo strato interno dell’intestino. A rendere ancora più dannosa per la salute umana la carne lavorata sono i trattamenti di preparazione e conservazione industriali per gli insaccati, dalla salatura all’aggiunta di conservanti chimici, potenzialmente cancerogeni. Insomma, secondo gli esperti, salumi e bacon industriali sono un pericolo.

(Il consumo di carne nel mondo: primi gli Usa, l’Australia e i paesi produttori dell’America Latina via chartsbin.com)

Attenzione però: la carne rossa non è è classificata come cancerogena (la categoria 1 usata dalla Iarc) ma come “possibilmente cancerogena”, categoria 2. Non solo, quando, come molti hanno scritto e letto, si dice che la carne lavorata è paragonabile al fumo per potenzialità cancerogena, si commette un errore. La categoria è la stessa, nel senso che, appunto, le sostanze contenute nei prodotti in questa inclusi aumentano con certezza la probabilità di prendere il cancro. Il che non vuol dire che lo fanno venire: se la percentuale potenziale di ammalarsi di una società in genere è pari al 2%, chi mangia molti insaccati in quella società ha probabilità di ammalarsi il 10% in più, ovvero il 2,2% dei casi (attenzione, i numeri sono inventati per esemplificare). La grafica qui sotto spiega bene: fumo e carne sono entrambi nella categoria 1, ma il primo è molto più pericoloso della seconda.

151026-Tobacco-vs-Meat-TWITTER(Stessa categoria, diversa pericolosità: le sigarette causano l’86% dei tumori ai polmoni, la carne lavorata il 21% di quelli al tratto colorettale dell’intestino)

Mentre la discussione imperversa sul web e sui social network – tra i “ve lo avevamo detto” dei vegetariani e lo sgomento misto a scetticismo degli altri, che già vedono banditi barbecue e grigliate – la testata americana The Atlantic pubblica un interessante articolo che mette in evidenza un altro aspetto della questione: quello della distorsione del mercato da parte della lobby della carne. Aspetto non indifferente se si pensa a quanto accadde con i colossi del fumo nel momento in cui i loro prodotti vennero dichiarati cancerogeni.
L’articolo di The Atlantic inizia in modo ironico sottolineando non solo i rischi derivanti dal consumo eccessivo di carne rossa, ma anche come si stia trascurando anche la questione ambientale correlata all’industria della carne.

 

Mentre potrebbe capitare che un medico consigliasse ai pazienti di non mangiare troppi hamburger e panini alla carne, grazie alle eccezionali capacità di lobbying dell’industria della carne americana, è improbabile che un consiglio simile lo dia il governo degli Stati Uniti.  Contraddicendo il consiglio del proprio gruppo di esperti, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA) e il Dipartimento di Salute e Servizi Umani (HHS) hanno annunciato che l’ultima edizione delle Dietary Guidelines for Americans, le linee guida fornite agli americani sulla loro dieta alimentare, non includeranno considerazioni di sostenibilità ambientale. Se le agenzie avessero deciso di fare altrimenti avrebbero suggerito alle persone di ridurre il loro consumo di carne, la cui produzione, è ampiamente riconosciuto, è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico.

fonte: The Atlantic

 

Le dichiarazioni dell’Oms aggravano quindi una situazione già di per sè critica per il mercato della carne e gli introiti che da questa derivano. Le dimensioni del settore, guardando ad esempio agli Stati Uniti – dove tra hamburger, hot dog e bacon a colazione si fa uso di una dieta estremamente proteica – sono immense. Si calcola infatti che solo il mercato della carne bovina negli Usa sia un business di 95 miliardi di dollari all’ anno. E l’American Meat Institute North (NAMI) stima che, in totale, l’industria della carne contribuisca a un giro di circa 894 miliardi di dollari nell’economia statunitense. È piuttosto normale pensare quindi che introiti così ingenti si traducano in un’influenza politica, tale da mettere in discussione qualsiasi argomentazione che minacci il mercato della carne. Nel 2014, infatti,  l’industria del settore ha speso circa 10,8 milioni di dollari in contributi alle campagne politiche, e circa 6,9 milioni di dollari direttamente sul lobbying governo federale.

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Nel 2014, l’industria della carne ha speso circa 10,8 milioni di dollari in contributi a campagne politiche, e circa 6,9 milioni di dollari sul lobbying governo federale.

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Un esempio del processo di “negazione” che potrebbe verificarsi dopo le dichiarazioni dell’Oms sulla correlazione carne-tumori è riscontrabile nella politica aggressiva condotta già a partire dal 1977 dall’industria americana della carne, impegnata a contrastare – con campagne pubblicitarie, studi alternativi, diffusione di diete e regimi alimentari iperproteici ecc – il moltiplicarsi di studi che constatavano come il consumo eccessivo di bacon, uova, hamburger e salsicce non solo non giovasse alla salute dei cittadini, ma anche quali fossero i danni ambientali che la produzione di proteine animali stava procurando. Questi tentativi di condizionare e influenzare i consumi non sono passati di moda. Come nel caso della recente campagna commerciale pseudo informativa realizzata da McDonald’s e denunciata dalla food blogger Bettina Elias Siegel.

>> VIDEO | McDonald’s. 500 pasti: scelte che fanno la differenza

Il video “540 Pasti: Scelte fare la differenza” racconta la storia di John Cisna, insegnante di scienze nell’Iowa, che dichiara di aver perso circa 30 chili e migliorato pressione sanguigna e colesterolo mangiando solo McDonald per sei mesi, con l’introduzione di un regolare esercizio fisico.

Come prevedibile quindi anche in questo caso non si è fatta attendere la risposta della lobby della carne che potesse controbattere i risultati resi noti dall’Oms. Alcuni scienziati hanno infatti messo in discussione che le prove fornite siano di entità sufficiente per trarre le conclusioni pubblicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel rapporto. «Noi semplicemente non pensiamo che le evidenze rilevate supportino alcun nesso di causalità tra tutte le carni rosse e qualsiasi tipo di cancro» ha dichiarato Shalene McNeill, direttore esecutivo della nutrizione umana presso la National Cattlemen’s Beef Association (Ncba).

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Certo è che una prova definitiva della correlazione fra il consumo di carne e l’insorgenza di cancro potrebbe rendere queste dichiarazioni scomode e soprattutto aprire una serie di questioni legali molto simili a quelle che si verificarono con le multinazionali del tabacco che per anni negarono una correlazione fra fumo e insorgenza del cancro nonostante fosse provata da innumerevoli studi. E la situazione si fa ancora più drammatica se si considera che solo nel 2012 i nuovi casi di tumore colorettale diagnosticati sono stati circa 1,4milioni. Praticamente il terzo tipo di cancro più comune al mondo.

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