Un’Europa dei vertici e della burocrazia che non riesce a mettere in pratica le proprie decisioni. A meno che non si tratti di quelle relative al deficit di bilancio. E’ questo il quadro che emerge da un comunicato stampa diffuso ieri dalla Commissione europea e relativo alla redistribuzione dei rifugiati, ai rimpatri e ai bisogni dettati dall’emergenza logistica in alcuni Paesi (Serbia, Croazia e Slovenia). Il documento fornisce le cifre relative al piano straordinario presentato dalla Commissione il 23 settembre e ratificato da un meeting informale lo stesso giorno.
Gli impegni presi erano semplici: 160mila rifugiati verrano redistribuiti tra i 28 Paesi per togliere la pressione da quelli che sono tradizionalmente (o sono diventate) le porte d’ingresso d’Europa. L’impegno finanziario per le agenzie umanitarie Onu e non solo è di 3 miliardi e 600 milioni. In un caso una si tratta di una cifra notoriamente al ribasso: secondo Unhcr gli ingressi in Europa sono circa 770mila e le richieste di asilo a cui dare una risposta erano 632mila a luglio. Poi c’è stata l’estate che tutti ricordiamo.
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Bene, i posti resi disponibili dai 28 Stati al 3 novembre sono 1418 (da 14 Stati membri, l’Italia non ha fornito cifre) e le persone ricollocate sono 86, partite dall’Italia su 39.600 in partenza, mentre una trentina devono lasciare la Grecia (su 66.400) ma sono ancora ferme su una delle isole di arrivo. All’appello mancano quindi più di 158mila posti disponibili (e a dire il vero gli impegni dettagliati sono per un numero minore perché alcuni Paesi non si sono ancora resi disponibili). Quanto ai fondi, l’impegno principale viene dal bilancio della Commissione, che ha stanziato 2800 miliardi, mentre gli Stati membri si sono impegnati per 518. Mancano quindi 2281 miliardi. Negligenti, ovviamente, sono quei Paesi che hanno fatto di tutto per fare saltare il piano e che si rifiutano o preferiscono non prendere impegni comuni in materia di immigrazione e rifugiati: Slovacchia, Ungheria, Danimarca e così via.
Anche dal punto di vista della logistica lo sforzo non è stato immediato: Slovenia, Croazia e Serbia hanno detto di aver bisogno di un numero X di lettini, materassi, guanti in lattice, coperte, medicine di primo soccorso, lenzuola, sacchi a pelo, tende. Anche in questo caso, in molti casi, mancano migliaia di materiali all’appello. Il dato positivo di queste lentezze è quello relativo alle espulsioni (denominati rimpatri): sono solo 153. In questo caso, però, le lungaggini sono dovute ai nodi relativi alla sicurezza per quelle persone e alla trafila burocratica. I rimpatri, per ora, sono solo verso Tunisia ed Egitto.
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