L’ultima volta che Noo Saro-Wiwa era stata in Nigeria era il 2005. Era andata per dare una sepoltura ai resti di suo padre, il poeta e attivista Ken Saro-Wiwa, ucciso dal regime nel 1995 per il suo impegno politico a sostegno dei diritti degli Ogoni, popolo del delta sfruttato dalle multinazionali del petrolio. Cresciuta in Inghilterra, nel 2011 Noo ha deciso di compiere all’inverso il viaggio che fanno tanti migranti, tornando a confrontarsi con quella terra così forte e presente nelle sue memorie d’infanzia, ma anche in parte a lei sconosciuta. Per mesi ha attraversato la Nigeria, sentendosi osservata e giudicata come una straniera benché lei si sia sempre sentita «profondamente nigeriana».
Del resto, ammette, «sono arrivata a Lagos con la Visa nel reggiseno e qualche banconota nascosta nelle scarpe, per emergenza». Praticamente «in un assetto di allerta paranoico», racconta la scrittrice, con autoironia, nel volume In cerca di Transwonderland (66thand2nd Editore): libro di viaggio e insieme memoir da cui emerge un vivo affresco della Nigeria di oggi, fra modernità e conservazione; un Paese dove le persone hanno imparato a usare l’ironia per far fronte alle mille traversie quotidiane, dovute alla mancanza di mezzi e di infrastrutture, alla burocrazia e alla corruzione.
Così ci tuffiamo nella crescita travolgente e nelle contraddizioni di Lagos insieme a Noo Saro-Wiwa, visitiamo con lei villaggi sperduti e attraversiamo le strade linde di Calabar dove, negli anni Ottanta del boom petrolifero, scorrevano fiumi di champagne. In quella località turistica le elite si vestono all’occidentale anche ai matrimoni, ma obbligano la futura sposa, per mesi, a stare chiusa in casa a mangiare enormi quantità di cibo per ingrassare. E se queste tradizioni fanno vibrare in Noo accenti di denuncia, sono i tanti episodi di esaltazione religiosa a farle scattare un senso di netto rifiuto. Il cristianesimo qui arrivò con la colonizzazione e a poco a poco «la Nigeria è diventata il Paese più religioso di tutta l’Africa», scrive nel libro, ricostruendo il dilagare di questa forma di cristianesimo evangelico e fondamentalista grazie a «ex avvocati, professori e persino medici che, ispirandosi ai telepredicatori americani, gestiscono le chiese come fossero aziende». E approfittano dell’ignoranza diffusa in un Paese che ha ancora percentuali di analfabetismo del cinquanta per cento.
A Roma, per partecipare ad un’iniziativa dedicata al padre e per presentare In cerca di Transwonderland, abbiamo incontrato Noo Saro Wiwa chiedendole di raccontarci di questo suo ritorno in Nigeria, da giornalista e scrittrice. «Sono stata fortunata perché ho potuto fare quel viaggio a ritroso. Avere denaro a sufficienza mi ha evitato tanti svantaggi che hanno le donne nigeriane, purtroppo. Farlo da scrittrice poi è stato particolarmente utile perché… riesci a sopportare e affrontare situazioni difficili, perché ti danno materia per scrivere!».
Il suo essere dentro e fuori la Nigeria cosa le ha permesso di cogliere immediatamente?
Mi ha preoccupato vedere come il paesaggio e il patrimonio culturale siano stati attaccati e abbandonati dai turisti. Facendo parte dei nigeriani della diaspora, tornando, ho potuto verificare e denunciare tutto questo. Un lusso che i nigeriani che vivono là non si possono permettere. Ma anche un altro aspetto mi ha colpito subito: Io non vado in chiesa, sono atea, questo non è un problema in Inghilterra. Ma molti nigeriani lo disapprovvano. E il loro giudizio mi metteva a disagio, mi infastidiva. Ho studiato, però, alcuni riti pre-cristiani e pre-islamici (la mia formazione è piuttosto di stampo filosofico empirista). Forse proprio per il mio essere un outsider mi hanno incuriosito alcuni aspetti delle tradizioni animiste, quelle che cristiani e musulmani vorrebbero cancellare.
Anche se in Nigeria allora non circolavano molti libri, suo padre leggeva molto e cercava di fare in modo che anche lei, bambina, si appassionasse alla lettura. Dal carcere in isolamento scriveva lettere interessandosi ai suoi progressi negli studi. Quale è stato il suo insegnamento più grande?
Mio padre mi ha insegnato che lo studio e la perseveranza sono ciò che conta e ti fa crescere nella vita. Mi diceva sempre: «Se provi e non riesci, prova, prova, prova di nuovo». Il mei genitori non mi hanno mai fatto sentire che non sarei riuscita a raggiungere i miei obiettivi perché “nera”. Semmai mi dicevano dovrai impegnarti più duramente di tutti gli altri. Ma soprattutto la lotta di mio padre contro il degrado ambientale nel delta ha portato ad una nuova cultura della responsabilitàd’impresa tra le multinazionali di tutto il mondo. Per ciò che ha detto e fatto Ken Saro-Wiwa le grandi compagnie petrolifere devono pensare attentamente a come trattano la gente locale, altrimenti i tribunali li giudicano responsabili.
Suo padre aveva scelto di lottare usando la non violenza. Condivide?
Sì. Anche se la violenza talvolta è necessaria per difendersi. Pensiamo per esempio ai partigiani che combattevano contro Hitler. In generale, però, è sempre meglio cercare di raggiungere i propri obiettivi pacificamente. La violenza può portare alla vittoria, ma potrebbe non valerne la pena sul lungo termine, per il prezzo da pagare.
La Shell ha pagato 15 milioni e mezzo di dollari per evitare di comparire al processo per l’ assassinio di suo padre e dei suoi compagni uccisi dal regime, perché si opponevano ai metodi Shell di estrazione del petrolio. E ora Amnesty International denuncia che Shell non ha provveduto alle bonifiche raccomandate dall’Unep. Dopo vent’anni le condizioni ambientali di Ogoniland sono drammatiche.
La Shell è un simbolo di ricchezza per l’Occidente. La Nigeria avrebbe potuto vivere in prosperità se il nostro governo avesse usato i soldi del petrolio con giudizio. Ma il governo era corrotto e ha permesso alle compagnie petrolifere di fare ciò che volevano.
Quale è stato il ruolo della religione nel mantenere il Paese in uno stato di “minorità”?
Tanti vogliono credere in un potere superiore. Il cristianesimo che ha preso piede è pentecostale arrivato dagli Stati Uniti nel corso degli anni 80 in un momento di forte crisi della Nigeria. Mio padre, con Marx, diceva che la religione è «oppio dei popoli». Dare potere a un’entità metafisica era una pazzia secondo lui .
Il Nobel Wole Soyinka e altri scrittori della diaspora come Teju Cole hanno catalizzato l’attenzione del pubblico occidentale. Quali altri autori consiglierebbe?
La letteratura nigeriana è sbocciata dopo un periodo di declino negli anni 1980. Sta godendo di moltissima attenzione a livello mondiale anche grazie a scrittori come Helon Habila e Chimamanda Adichie (l’autrice di AmericanaH e Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi ndr). E poi Seffi Atta, Chinelo Okparanta e Igoni Barrett. Il mio rapporto con letteratura nigeriana passa soprattutto attraverso le loro opere, sono questi gli autori che più amo leggere.
La denuncia di Amnesty international
In un rapporto diffuso in occasione dell’anniversario della morte di Ken Saro Wiwa, l’ambientalista e scrittore che dedicò la sua vita a denunciare i danni causati dall’industria petrolifera nel delta del fiume Niger, Amnesty International e l’Ong nigeriana Centro per l’ambiente, i diritti umani e lo sviluppo (Cerd) hanno nuovamente smentito la Shell, definendo false le dichiarazioni secondo cui il gigante petrolifero avrebbe bonificato le aree pesantemente inquinate del delta del fiume Niger.
Il rapporto documenta la contaminazione ancora in corso in quattro zone interessate da fuoriuscite di petrolio, che la Shell aveva dichiarato di aver bonificato anni fa. «Per non aver adeguatamente rimediato all’inquinamento prodotto dai suoi oleodotti e dai suoi pozzi petroliferi, la Shell sta continuando a esporre, in alcuni casi da anni se non addirittura da decenni, migliaia di donne, uomini e bambini alla contaminazione dei terreni, dell’aria e dell’acqua» – ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore di Amnesty International «Le fuoriuscite di petrolio hanno un impatto devastante sui campi, sulle foreste e sulla fauna ittica da cui dipende il benessere e la stessa vita delle popolazioni del delta del fiume Niger. Chiunque visiti queste zone può vedere e annusare la dimensione dell’inquinamento».
(Questo autobus è una opera d’arte e denuncia che le organizzazioni ambiantaliste vogliono far circolare per la Nigeria in questi giorni per ricordare l’anniversario di Saro Wiwa. Le autorità nigeriane di frontiera lo hanno bloccato alla dogana)
Il rapporto di Amnesty International e del Cerd denuncia inoltre come il governo nigeriano non abbia regolamentato le attività delle compagnie petrolifere. L’organo di controllo statale, l’Agenzia nazionale per l’individuazione e la risposta alle fuoriuscite di petrolio (Nosdra), opera con personale ridotto e continua a certificare come bonificate aree che sono visibilmente inquinate.
«La Shell e lo stesso governo nigeriano non possono ignorare la terribile eredità lasciata alla popolazione del delta del fiume Niger dall’industria petrolifera. A tante persone il petrolio non ha portato altro che miseria» ha dichiarato Stevyn Obodoekwe, direttore dei programmi del Cerd «La qualità della vita delle persone che vivono circondate dalle esalazioni, dai terreni impregnati e dalle acque traboccanti di petrolio è terribile da decenni».
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