Alla Chiesa nessuno chiede conto degli oltre sei miliardi che, ogni anno, transitano dalle casse pubbliche a quelle vaticane. Anche quando i reati sono conclamati

Una nuova tempesta ha colpito la Chiesa cattolica nelle ultime settimane. Sono bastati due arresti eccellenti in Vaticano e due libri (largamente basati sulle rivelazioni dei due arrestati) che hanno immediatamente scalato le classifiche di vendita per mostrare al mondo che, con l’arrivo di Francesco, nulla sembra mutato nello Stato più piccolo e assolutista del mondo. Nonostante l’esercito di pompieri sceso immediatamente in campo a sua difesa, è difficile pensare che – anche volendo – il papa possa, da solo, cambiare un andazzo millenario. Dovrebbe vivere abbastanza a lungo da modificare profondamente la composizione del Collegio cardinalizio, e nel contempo non sbagliare una sola nomina. Come invece gli è capitato con il disinvolto monsignore e la rampante lobbista.
Questi sono però problemi dei fedeli. Chi è anticlericale ha visto confermati i suoi peggiori pregiudizi sulla moralità dei vertici della Chiesa. Chi è laico ha dovuto leggere l’avvilente trascrizione della telefonata nella quale l’allora presidente dell’ospedale Bambino Gesù, di proprietà vaticana, informava l’ex numero due della Santa sede, il cardinale Tarcisio Bertone, che con la legge di stabilità approvata dal governo Letta erano stati stanziati 80 milioni per il nosocomio e “soli” cinque per il Gaslini di Genova, la cui presidenza spetta all’arcivescovo (carica a suo tempo ricoperta dallo stesso Bertone). L’intercettazione non esce da un libro, ma dagli atti dell’inchiesta sul crac dell’Idi, altra struttura sanitaria cattolica. Si sospetta che i fondi usati per salvare l’Idi siano costituiti dai soldi pubblici erogati al Bambino Gesù. E che le donazioni per i piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico siano servite a ristrutturare il super-attico dello stesso Bertone…

 

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© Mauro Biani per Left

 

 

Notizie meritevoli dell’avvio di un’indagine parlamentare. Ma, come succede quasi sempre quando c’è di mezzo la Chiesa, è emersa anche la tendenza, tutta italiana, a non chiederle conto degli oltre sei miliardi che, ogni anno, transitano dalle casse pubbliche a quelle cattoliche. Anche quando i reati sono conclamati. Don Cesare Lodeserto, gestendo il centro immigrati Regina Pacis, si è appropriato illecitamente di diversi milioni di euro. Ma non è bastato a farlo condannare dalla Cassazione, perché la convenzione che aveva sottoscritto con la prefettura non prevedeva alcun obbligo di rendicontazione.
Il danno erariale creato dall’esistenza di una farmacia e di una pompa di benzina in Vaticano, alle quali è concesso l’accesso anche a chi non ne avrebbe diritto, è soltanto la punta dell’iceberg. Sono purtroppo tante le “distrazioni” dalle casse pubbliche a quelle vaticane che non solo non sono giustificate da un punto di vista laico, ma sono persino controproducenti per il bene comune. La conferma più corposa viene dalla seconda relazione della Corte dei Conti sull’Otto per mille (dopo che la prima ha raccolto il disinteresse del governo Renzi): un miliardo di euro ogni anno che la Chiesa “spende” senza fornire un’informazione trasparente.


 

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*segretario nazionale Uaar