Un documentario di Angelo Loy racconta la storia di Mona, le occupazioni delle case e il rapporto con italiani e stranieri in uno spazio condiviso. E la relazione con la madrepatria di prime e seconde generazioni dell'emigazione

«Tornate a casa vostra!». Certo che ci tornerebbero, se potessero. Ma molti non possono. A molte di loro, di quelle persone così sprezzantemente chiamate immigrati, scegliere dove e come vivere non è concesso. Come Mona, mamma egiziana trapiantata in Italia, nello specifico a Roma, da ormai 18 anni, e protagonista del documentario di Angelo Loy, Luoghi Comuni.

luoghi comuni trailer from angelo loy on Vimeo.

 

La sua storia è un prisma di tutte le questioni sociali che stanno scuotendo il nostro Paese, l’Europa e diversi altri continenti. Nella piccola grande storia di Mona, stazza genuina e occhi liquidi e sorridenti, pieni di vita, c’è la migrazione, abbandonare una terra, l’Egitto, e acquisire una lingua e un linguaggio, quello italiano; c’è l’emergenza abitativa: uno sfratto che nuovamente, piombando sulla vita di Mona e di suo marito Ahmed e dei loro due figli, Mohamed e Lamis, con annessa occupazione abusiva di una villa. Immaginatevi voi, domani, a dover compire una serie d’infrazioni per garantire un tetto alla vostra famiglia: quanti gli interrogativi con i quali vi confrontereste?

E ancora: i suoi figli, nati in Italia eppure incastonati della definizione e nei problemi del definirsi (o essere definiti) “immigrati di seconda generazione”. E ancora, la disoccupazione, i pregiudizi, l’esclusione. Ma anche la socialità, l’incontro, la solidarietà. Le canzoni, le amicizie, il cibo. La periferia. L’essere tutti sulla stessa barca, quella di una crisi economica e di una società che rischia davvero di dimenticarti solo da qualche parte. E l’incontro fra la Roma popolare e il popolo internazionale che questa Capitale la abita. Fino a un simbolico ritorno in Egitto.

Una catena di eventi che intrecciano una quotidianità nuova e difficile, e che il regista ha seguito da vicino con le sue telecamere, quasi a farci entrare anche noi in quei momenti, in quelle tensioni, in quelle difficoltà, e si: anche nei preziosi momenti di gioia.

Prodotto dall’associazione Asinitas, onlus che si occupa di educazione e intervento sociale, e presentato e in diversi festival, da ultimo quello del Cinema Africano di Verona, dove si è aggiudicato il Premio per il Miglior Film nella sezione “Viaggiatori & Migranti”.