Fassina perché annunciare ora la candidatura a sindaco di Roma?
«Perché dobbiamo fare un percorso di partecipazione vera e non lo si può fare in poche settimane. Vogliamo coinvolgere tutte le realtà, l’associazionismo, il volontariato, i comitati territoriali, i soggetti economici e sociali della città. Sarà un lavoro capillare e serve tempo. Se si parte nell’ultimo mese, si fa – come sempre – solo campagna elettorale».
Possiamo dire però che la sua candidatura sarebbe potuta maturare dentro questo processo e non prima?
«E chi lo avrebbe organizzato il processo? Voglio chiarire che la mia candidatura non è ovviamente imposta, né blindata ma sarà sottoposta alla verifica di questo processo. Non è una scatola chiusa quella che immaginiamo. Vogliamo che le persone che hanno a cuore la città partecipino alla definizione del programma e alla creazione di una classe dirigente diffusa».
Di cui Fassina potrebbe anche non essere il vertice?
«L’ho detto, vedremo, io dico che sono disponibile, propongo la mia candidatura e mi spendo perché il processo intanto parta, perché sia vero e utile».
Insisto sul punto perché so che – oltre a alcuni malumori dentro Sinistra Italiana, che pure l’appoggia formalmente – con Civati soprattutto c’è qualche problema. Non solo a Roma, è noto, ma qui Possibile cercava un altro candidato, e l’ultimo sembrava potesse essere Riccardo Magi dei Radicali…
«Con Possibile nelle ultime settimane abbiamo condiviso il percorso per la creazione di un soggetto che rappresenti la sinistra e il cambiamento, ora che il Pd è diventato un’altra cosa. Civati ha legittimamente deciso di fare prima un percorso di sua organizzazione, con Possibile, ma l’obiettivo è quello di fare squadra. E spero ci ritroveremo».
So che vi siete sentiti con Ignazio Marino.
«Con Marino vogliamo dialogare, perché siamo convinti che nella sua esperienza ci siano state cose positive che sarebbe un peccato lasciar scadere. Vogliamo coinvolgere le energie che lo hanno affiancato nelle azioni di maggiore discontinuità, come sulla discarica di Malagrotta o sullo stop alle varianti urbanistiche».
Sta chiedendo ad alcuni assessori della giunta Marino di venire con voi, come Estella Marino che aveva la delega ai Rifiuti e Giovanni Caudo che aveva quella all’urbanistica?
«Non voglio entrare nel merito degli assessori. Ma chi ha fatto cose buone per la città è certamente benvenuto, e invito quelle che si sono dimostrate risorse interessanti a dare una mano».
Primo appuntamento a Ostia. Poi?
«Cominciamo da Ostia per ovvi motivi. Ma ul cammino che abbiamo programmato è radicato nelle periferie, guarderemo Roma con gli occhi di chi vive lontano da suo centro. Dopo Ostia andremo a Tor Sapienza e poi a Corviale dove c’è stato recentemente un brutto attentato a un campo di calcio sociale. Entreremo nelle situazioni dove i problemi sono più grandi e dove però più grandi sono anche le potenzialità».
C’è qualche libro, qualche testo che citerà spesso, girando per i quartieri?
«Sicuramente l’ultimo lavoro su Roma di Walter Tocci (Non si piange su una città coloniale, GoWare) e poi ho trovato interessanti i paper di un gruppo di ricercatori di Tor Vergata, tra cui c’è Salvatore Monni. Hanno applicato gli human development index europei ai municipi di Roma. Lì c’è la giustificazione teorica della scelta di concentrarsi sulle periferie. È impressionante la divaricazione. Tra centro e periferia ci sono 5 anni di aspettativa di vita in meno, per non parlare dei livelli di reddito, delle prestazioni sanitarie ricevute, del livello di scolarizzazione. È una lettura di grande utilità. Fa vedere che la differenza tra il centro e alcune zone periferiche è la stessa che c’è tra la Lombardia e la Calabria: Roma è una città estremamente disomogenea, in termini di vita e opportunità. Le risposte devono tenerne conto».