Sono passate poche ore dal “nuovo inizio” delle relazioni tra Europa e Turchia e i risultati si palesano immediatamente. Lo scambio vi diamo tre miliardi, riapriamo i colloqui sulla vostra membership europea e voi vi occupate dei rifugiati e migranti in fuga era un pessimo scambio e chi pensa che i diritti umani siano un tema importante lo ha scoperto subito.
Ieri la Turchia ha fermato 1300 tra migranti e rifugiati nascosti tra i boschi dietro le spiagge dell’Egeo, dalle quali sarebbero partiti verso le isole greche.
I gendarmi turchi hanno arrestato centinaia di siriani, iracheni, iraniani e afghani e tre probabili trafficanti di esseri umani, nei pressi di Ayvacik nella provincia di Canakkale.
Si tratta della più grande operazione di questo tipo negli ultimi mesi: i migranti sono stati inviati a un centro di rimpatrio dove alcuni potrebbero essere rispediti a casa. Che ce ne sia una in piedi dal posto da dove vengono, che siano oppositori di Assad o in fuga dall’Isis in Iraq o Siria, che siano gente che scappa dai talebani, non conta molto. Non lo sapremo probabilmente: i 3 miliardi di euro che l’Europa ha promesso alla Turchia servono a non sapere cosa succede loro e a rallentare il flusso. E’ così anche se fosse vero, come ha detto l’Alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, che quei soldi «non sono per la Turchia ma per i rifugiati», che nel Paese sono circa due milioni e vivono in condizioni pessime.
Dopo l’accordo sarà più difficile, pericoloso e caro per le persone in fuga dalla guerra passare i confini per entrare in Europa e trovare rifugio.
A questo punto Erdogan potrà usare i siriani e gli altri come merce di scambio. E’ già avvenuto nei giorni scorsi, quando Erdogan ha costretto un’Europa molle e in difficoltà politica a invitare Ankara a un vertice, riammetterla a negoziati che erano sepolti, dimenticare le violazioni dei diritti umani e offrire soldi. Tutto in cambio di una mano nel gestire i flussi, che tradotto vuol dire quello che la Turchia ha fatto nel primo giorno: fermarli, metterli in un centro e magari espellerli. Con il Trattato sulla libera circolazione di Schengen a rischio e le forze populiste di destra che soffiano sul fuoco ovunque, la scelta dei governi è quella di barricarsi e cedere alle richieste turche – è Ankara che ha chiesto vertice, soldi e riavvio dei colloqui.
Amesty International, che nei giorni scorsi aveva denunciato il rimpatrio verso la Siria di decine di persone, ha definito il fatto «illegale e inconcepibile».
Ankara era in difficoltà su tuti i fronti: Putin la accusa di aer abbattuto il jet russo per coprire i propri traffici di petrolio con l’Isis, nei giorni scorsi ha fatto arrestare un giornalista che aveva denunciato traffici di armi verso gli jihadisti in Siria, mentre a Dyarbakyr 100mila persone partecipavano al funerale di Tahir Elçi, avvocato dei diritti umani e tra i fondatori della sezione locale di Amnesty – per non parlare della guerra sotto traccia in Kurdistan. E’ a questa Turchia che l’Europa decide di tendere una mano. Ritraendola di fronte alla richiesta di aiuto dei rifugiati.
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