È uno dei gruppi nati dalla dissoluzione di Se non ora quando. Si chiamano Se non ora quando – libere, sono le promotrici di un appello che ha trovato molto spazio su Repubblica contro l’utero in affitto. Scriviamo “utero in affitto” perché così lo definiscono loro, e così riprende il quotidiano nel suo titolo. Paolo Matthiae, Stefania Sandrelli, Giovanni Soldati, Giulio Scarpati, Nora Venturini, sono alcuni dei nomi tra i primi firmatari. Poi c’è anche Francesca Neri, Livia Turco, Aurelio Mancuso, la giornalista di Libero Elisa Calessi.
Scrivono: «Noi rifiutiamo di considerare la “maternità surrogata” un atto di libertà o di amore» «Non possiamo accettare, solo perché la tecnica lo rende possibile, e in nome di presunti diritti individuali, che le donne tornino a essere oggetti a disposizione: non più del patriarca ma del mercato». «Vogliamo che la maternità surrogata sia messa al bando». «Oggi, per la prima volta nella storia, la maternità incontra la libertà. Si può scegliere di essere o non essere madri». «Ci appelliamo all’Europa».
Scopriamo così che l’urgenza del femminismo in Italia sarebbe la gestazione per altri che – come si nota nello stesso appello – in Italia è vietata e perseguita dalla legge 40. Pensavate l’urgenza fosse la maternità per le lavoratrici precarie, o il congedo di paternità obbligatorio, o la carenza cronica di asili nido pubblici, o magari – per uscire dal filone della genitorialità – la parità di retribuzioni tra donne e uomini, le violenze, gli stereotipi della pubblicità? No. Il problema su cui ci si vuole concentrare è la gestazione per altri, volgarmente detta “utero in affitto” da chi, ben calibrando le parole, vuole evidenziare la natura di sfruttamento che sarebbe obbligatoriamente propria della pratica.
Ma invece non è così, non ovunque, non dove ci sono buone leggi a normare la vicenda che può esser volontaria, non retribuita, sicura. Su Left ne abbiamo scritto più volte, cercando di affrontare il tema con laicità. Abbiamo raccontato leggi fatte dove il principio di laicità appunto viene usato anche e soprattutto sui temi più spinosi legati alla bioetica. Temi che ci devono certo interrogare e che non vanno trattati con superficialità (ma così, ad esempio). Con quella superficialità però che leggiamo nell’appello di cui sopra. Appello che rischia di essere un assist (involontario, si spera) per chi vuole affossare la legge sulle unioni civili e sulla stepchild adoption, in discussione in parlamento. Senza quella legge, lo stesso appello avrebbe avuto un’eco assai più ridotta. E non è un caso che Mario Adinolfi sia il primo a brindare.
Per un anno e mezzo ci hanno ricoperto d’insulti. Ora firmano appelli contro l’utero in affitto che finiscono pure su…
Posted by Mario Adinolfi on Giovedì 3 dicembre 2015