Il risultato di Podemos in Spagna entusiasma la sinistra. Contento Civati, contenta Sel, anche se l’occasione è buona per gli ennesimi distinguo. Un appello e un appuntamento per 19-20-21 febbraio, però, potrebbe darci il partito di cui la sinistra avrebbe bisogno.

Podemos in Spagna ha preso 5 milioni di voti. In Italia la sinistra radicale ha prodotto 5 milioni di appelli

Posted by Matteo Pucciarelli on Lunedì 21 dicembre 2015

«Nelle ore in cui Podemos lancia la sua sfida per l’alternativa, un gruppo di persone appartenenti a realtà politiche e sociali, ha scritto questo testo e lo mette a disposizione di chiunque ci si riconosca». Così avete comincia la nota che avrete magari letto su facebook o in qualche catena via mail. L’elenco dei firmatari non c’è. «Perché l’idea», ci dice chi ne ha seguito la genesi, «è che l’appello non avesse primogeniture. Per questo si è scelto di non mettere i nomi».

Molti sono ragazzi, associazioni, militanti sindacali, ci viene detto. E sì, se state pensando che è una cosa che nasce nell’orbita di Sinistra Italiana è in effetti così: Stefano Fassina condivide lo spirito, e lo stesso Sel. «Ma l’appello nasce proprio per non chiedersi più chi ci sta e chi non ci sta, quale organizzazione questa volta ha il suo paletto insormontabile», dice a Left Marco Furfaro: «Questa cosa uccide i tavoli e i bilancini. Tutte cose di cui non se ne può più». In molti, rilanciando l’appello, si soffermano sulla dimensione “dal basso” dell’iniziativa.

L’idea è semplice: «Incontriamoci il 19, 20 e 21 febbraio a Roma», «incontriamoci per organizzarci e costruire un nuovo soggetto politico, uno spazio aperto, democratico, autonomo». Il frutto di mesi di trattativa condotta tra le varie sigle esistenti (trattativa che, come vi abbiamo raccontanto sul numero 49 di Left, non ha portato molto lontano) c’è. C’è ad esempio la rottura netta con il Pd, che era tanto cara a Civati, e che è diventato alla fine un punto di partenza per tutti: «Il governo Renzi e il Pd vanno in una direzione diametralmente opposta e ci raccontano che non c’è un’alternativa». C’è però anche il motivo dell’ultima rottura al tavolo, che ha visto litigare questa volta Sel e Fassina da una parte e Ferrero e Rifondazione dall’altra. Bisogna fare un partito o un soggetto politico, cioè una federazione come chiede Ferrero? «Dobbiamo organizzarci. Organizzare innanzitutto la parte che più ha subito gli effetti della crisi, chi ha voglia e bisogno di riscatto, di cambiamento,chi non crede più alla politica», è scritto nell’appello, dove si precisa però che serve «una forza politica, non un cartello elettorale, che si candidi a governare il paese per cambiarlo e che lo faccia con un profilo credibile,in competizione con tutti gli altri poli esistenti». Azzerare tutto, quindi, è l’intenzione. Sciogliere tutto ciò che preesiste. Possibile? Non è dato saperlo. Ma forse convocare un appuntamento pubblico è veramente l’unico modo per capirlo. Nelle intenzioni c’è di arrivare alla data con già una piattaforma online di partecipazione. Attendiamo con ansia. Limitandoci per ora a pubblicare il tweet con cui Ferrero usa il risultato di Podemos per spingere in direzione della federazione.

A questo punto dovremmo però notare che di progetto così ce ne è già uno, in campo. E che proprio in questi giorni ha lanciato la sua di piattaforma online. A parole le intenzioni sono simili, e l’entusiasmo per il risultato di Podemos è lo stesso. Magari l’attaccamento alla parola sinistra è diverso, (come dimostra il post di Paolo Cosseddu, braccio organizzativo del partito di Giuseppe Civati, Possibile), ma perché non si può convergere?

L’unico confronto che mi sento di fare sulle elezioni spagnole è che Podemos ha fatto il 20,6 per cento, mentre il…

Posted by Paolo Cosseddu on Lunedì 21 dicembre 2015

Quindi? Che facciamo? Abbiamo deciso che i progetti saranno due (almeno due)?
L’appello dice una testa un voto. Può interessare?