Mona Eltahawy, Perché ci odiano (Einaudi), traduzione di Alessandra Montrucchio. Quando era adolescente la famiglia di Mona si trasferì in Arabia Saudita e, per lei, che era cresciuta in Inghilterra ( benché la sua famiglia fosse di origini egiziane), fu un drastico cambiamento di vita, si sentiva “piombata d’un tratto nel medioevo”. Perché in quel Paese le donne non avevano nessuna libertà, nemmeno quella di guidare l’auto e men che meno di partecipare alla vita pubblica. Poi Mona Elthawy è diventata una giornalista conosciuta e in vista. Affiancando al lavoro, l’impegno democratico e per i diritti delle donne. Anche tornando in Egitto per conoscere più da vicino il movimento di liberazione partito da piazza Tahrir. Quando ha partecipato alla rivolta al Cairo è stata picchiata dalla polizia che le rotto un braccio e la mano destra,subendo anche molestie sessuali. Con un coraggioso articolo in cui denunciava le violenze e la mancanza di parità patita dalle donne in molta parte del mondo arabo è nata la sua ricerca sulle ragioni storiche e politiche di questa drammatica realtà. Quell’articolo apparso su Foreign policy, dal titolo Perché ci odiano suscitò un acceso dibattito in rete, da cui poi ha preso le mosse questo libro che è diventato un punto di riferimento che collega migliaia di donne musulmane decise a cambiare questo stato di cose.
Stefania Parmeggiani, La notte di Silvia, Castelvecchi. E’ poco più di una ragazzina quando viene trovata morta al casello dell’autostrada. Parte dalla sua drammtica fine la storia di Silvia immigrata albanese che ha cercato di uscire dal gorgo ricattatorio del traffico di droga e della prostituzione innamorandosi di un ragazzo, immaginando di potersi rifare un’altra vita in Italia. E sarà proprio lui a tradire la sua fiducia, a farla quasi impazzire di gelosia cancellandola d’un tratto, mettendosi con una ragazza “normale” . Sarà lui, luicidamente, ad ucciderla, dopo averla annullata dentro si sé. Nasce da una storia realmente accaduta questo potente romanzo di esordio di Stefania Parmeggiani, che riesce a fondere storia ( quella dell’immigrazione albanese in Italia), attualità ( la realtà giudiziaria e carceraria in Italia) e profondo scavo dei personaggi. Un noir psicologico, scritto con una lingua letteraria icastica e incisiva, costruito sulla lettura degli atti giudiziari e delle perizie, che scava nella pazzia di chi arriva a uccidere la propria compagna, diventata improvvisamente “un ingombro”, avvertita in modo delirante come un ostacolo a un proprio progetto di felicità.
Rossella Milone, Il silenzio del lottatore, Minimum Fax. Allieva ideale di Alice Munro e di Elizabeth Strout, Rossella Milone è autrice di racconti poetici, visionari, potenti. Come ha dimostrato ne La memoria dei vivi (Einaudi, 2008) ma anche nel recente volume collettivo L’età della febbre. In questa raccolta Il silenzio del lottatore la scrittrice napoletana realizza la sua opera più matura nel distillare in forma di racconto storie di donne alla ricerca della propria identità più profonda, con coraggio, mettendo in gioco se stesse, con generosità.
Non sapevamo giocare a niente (Sur),traduzione di Violetta Colonnelli. “Non sempre devi voler essere scrittore per diventarlo. Né devi scrivere molti libri… Emma Reyes (1919-2003) non pensava di diventare scrittrice e di libri ne ha scritto solo uno”, osserva Tiziana Lo Porto nella prefazione a questo intenso lavoro dell’artista colombiana Emma Reyes, che in questo libro di memorie d’infanzia riesce a regalarcene le emozioni forti, gli incanti, la viva spontaneità, la fantasia. Quella che riuscì a conservare anche da grande, diventando artista dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili, di povertà, di abbandono e di reclusione con la sorella in un convento da cui riuscì a scappare. Emma era rimasta analfabeta fino a diciott’anni, ma la capacità di immaginare, la fantasia, non hanno bisogno di un linguaggio ultra colto per potersi dispiegare. Poi avrebbbe bruciato le tappe viaggiando per il Sudamerica (in autostop) fino ad arrivare in Argentina e poi in Uruguay e Paraguay. Con una borsa di studio riuscì ad andare a Parigi dove entrò in contatto con il mondo intellettuale degli anni ’50 e ’60 frequentando Moravia, Sartre, Prampolini, Elsa Morante e tanti altri.
Selma Lagerlöf, La notte di Natale, Iperborea. Traduzione di Maria Swendsen- Bianchi. Il sottotitolo di questo libro della scrittrice svedese che fu la prima donna a ricevere il Nobel per la letteratura (nel 1909) è “le leggende di Gesù”. Raccoglie una serie di racconti ispirati ai Vangeli apocrifi e ai racconti mitologici che questa intraprendente maestra elementare aveva conosciuto viaggiando in Italia e in Oriente. Come il precendente suo romanzo breve, La leggenda della rosa di Natale (Iperborea), si tratta di un libro immaginifico, pieno di racconti fantastici, che oltre ad affascinare il lettore spingono a riflettere sulle radici mitologiche delle storie di Cristo e della Bibbia. Così ecco la storia della vecchia Sibilla che dal Campidoglio vede nascere in Palestina un bambino che salverà il mondo, ma anche quella che ci porta nell’antico Yemen dove visse la regina di Saba che, diversamente da come ha tramandato la tradizione cristiana, non aveva zampe caprine ( sic), ma secondo fonti arabe fu donna di grande bellezza che seppe governare con una visione saggia e lungimirante.
Dorothy Baker La leggenda del trombettista bianco (Fazi editore), traduzione di Stefano Tummolini. Nei locali nottorni, pieni di fumo della New York degli anni Venti e nella Chicago del proibizionismo. E’ qui che il leggendario Leon Bix Beiderbecke muove i primi passi nel mondo del jazz, sulle orme dei musicisti neri, in particolare il leggendario Art Hazard. Pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1938 il libro di Dorothy Baker non è solo una avvincente romanzo ispirato alla vita del trombettista e pianista americano Leon Bix Beiderbecke,uno dei più importanti solisti jazz che era nato Davenport, in Iowa, nel 1903 e aveva imparato a suonare il piano a tre anni e poi a orecchio la cornetta, ma è anche uno strardinario affresco di un’epoca d’oro del jazz.
Antonina Vallentin, Picasso, (Castelvecchi), traduzione di Renzo Federici. Picasso e la sua arte raccontate da vicino. Dalla scrittrice, critica d’arte e pittrice di origini polacche che si era trasferita a Parigi dove, insieme al marito lo scrittore Julien Luchaire, diventò un punto di riferimento per gli intellettuali esuli dalla Germania a cominciare da Stefan Zweig e da Thomas Mann. Amica di Picasso Antonina Vallentin (1893-1957) ebbe modo di seguire la svolta cubista di Picasso e in questo libro racconta la genesi delle Demoiselles d’Avignon in pagine straordinarie, in cui coglie pienamente il significato di rottura che ebbe quel quadro nella storia dell’arte occidentale, un lavoro “anti-grazioso” in cui il pittore spagnolo, incurante del canone della bellezza classica, recuperava suggestioni dalle sculture africane, ricreando uno stile primitivo quanto forte e incisivo. Diversamente da molti contemporanei, anche artisti di primo piano, che criticarono duramente l’opera e si chiusero di fronte alle novità picassiane, Vallentin ne seppe cogliere appieno l’emozionante portata di ricerca di un’immagine irrazionale, come creazione dell’artista e non come calco naturalistico della realtà oggettiva.
Nikki Gmmell, Con il mio corpo (Guanda) . Traduzione di Stefania De Franco. Uno stile rapido, incisivo, senza infingimenti. il coraggio di guardare in faccia la realtà, dopo anni di matrimonio. Che vuol dire una vita normale? Cosa si cela dietro questa parola? Una vita in apparenza felice, un bravo marito, che ti dà sicurezze e non ti delude, tre figli piccoli da seguire per cui è stato ovvio, naturale, a un certo punto, rinunciare alla carriera di avvocato. Ma la scrittura del diario corre veloce in cerca di una via d’uscita. Senza sapere. finché riaffiorano memorie vaghe, radiose, di quell’estate in cui varcando la soglia di una casa di campagna ha conosciuto un uomo solitario e misterioso, una storia di passione, che non ha bisogno di parole. Dall’autrice de La sposa nuda, la vicenda di una donna che ritrova il corpo e il sentire nell’incontro con un uomo affascinante e sconosciuto.
Ilaria Gaspari. Etica dell’acquario, Voland. La protagonista di questo romanzo di esordio della ex normalista e dottoranda in filosofia a Parigi Ilaria Gaspari è una studentessa della Normale molto bella e fragile, che avverte come fuoco sulla pelle ogni giudizio degli altri nei suoi riguardi e che cerca di schivare i colpi adattandosi a ciò che gli altri vogliono da lei. Ma non è arresa. E’ alla ricerca di una propria identità in un mondo come quello del collegio- dormitorio fatto di rapporti sotteraneamente violenti, dove vige una competizione sfrenata, dove la goliardia diventa sadismo, dove bellezza e gioventù paradossalmente sono un disvalore, perché in questa fucina delle elitè intellettuali di domani la corsa è a mimare l’autorevolezza di chi ha passato molti anni piegato sui libri. In questo corrosivo Bildungsroman ambientato in una città (Pisa, tratteggiata come fosse essa stessa un personaggio) dove il tempo sembra essersi fermato, dove la Normale è ulteriormente un mondo a parte, emergono in filigrana tutte le contraddizioni di una scuola di eccellenza che drammaticamente non accetta la diversità, la femminilità e il coraggio di guardare alla verità che si cela dietro rapporti all’apparenza normali, fra “bravi ragazzi”. Il coraggio di dire che crescono pesci mostruosi in quell’mmobile acquario che la protagonista ha davanti ai propri occhi e che campeggia nel titolo del romanzo.
Edna O’Brian La luce della sera, Elliot, traduzione di Cosetta Cavallotti. Ci porta nella New York dei primi migranti irlandesi questo romanzo di Edna O’Brian scritto come un dialogo a distanza fra madre e figlia. Romanziera, drammaturga e poetessa irlandese, è nata a Tuamgraney nel 1930 in una famiglia cattolica, O’Brian con la sua autobiografia Country girl e con molti suoi romanzi ci ha regalato straordinarie storie di ragazze che, come lei, sono riuscite a trovare una propria identità e libertà rifiutando l’oppressiva educazione cattolica che le coartava in ogni aspetto della vita, a cominciare dalla sessualità e dalla possibilità di avere una propria identità sociale, al di là di essere madri e mogli. In questo romanzo Dilly Macready aspetta di rivedere sua figlia Eleanora, che si è trasferita a Londra dall’Irlanda, e nell’attesa riemergono in lei memorie di quando raggiunse Ellis Island, come tante ragazze che andavano in cerca di lavoro in America come collaboratrice domestica; racconta il sogno di un Paese lontano che già all’approdo rivela tutti i suoi pregiudizi. “Allora – ricorda Dilly – non potevo scrivere a casa e raccontare quanto fosse falso e strano questo Paese, chiamato America”.
@simonamaggiorel