Una conferenza stampa di fine anno con le slide è già cosa nuova. Con le slide con i gufi disegnati sopra è nuova e un po’ triste, converrete. Ma è la propaganda del premier, che viene ripetuta uguale anche a Capodanno. Lo aveva fatto nell’ultima e-news, lo fa davanti ai giornalisti parlamentari: «Dall’articolo 18 alla legge elettorale, dalla tassa sulla prima casa all’Expo, dalla flessibilità al bicameralismo paritario, ci sono alcuni argomenti di cui i politici prima di noi hanno parlato per anni senza realizzare granché». Lui le cose le ha invece fatte, alla faccia dei gufi. Detta anche un titolo ai giornalisti, il premier: «Se dovessi fare un titolo», dice, «direi: politica batte populismo 4 a 0».
Matteo Renzi si presenta con le slide, dunque, per riassumere i risultati dell’anno 2015. Risultati che ci sono, è innegabile, e fuori dai piani, tra l’abolizione dell’articolo 18 e una legge elettorale super maggioritaria, è rimasta solo la riforma costituzionale che avrà il suo ultimo voto a gennaio (e il referendum, è l’annuncio di giornata, a ottobre 2016), e la
legge sulle unioni civili. Su questa il premier dice di volersi impegnare e però non esclude di poter cedere alle pressioni degli alfaniani, stralciando quindi la stepchild adoption dal provvedimento: «La stepchild», dice, «è una proposta che nasce alla Leopolda, ma ovviamente su questo e su altro ci sono posizioni diverse».
Il premier ha rivendicato la legge di stabilità appena approvata, ovviamente. «Non è vero chedichiaro guerra all’Europa, non lo scrivete più», ha detto, «ma mi chiedo perché c’è chi può avere un disavanzo commerciale di otto punti». Ha rivendicato i bonus ai diciottenni per i consumi culturali, gli 80 euro ai militari, e altre novità. L’abolizione della tassa sulla prima casa, non poteva mancare, quella indifferenziata per tipologia e per reddito (rimane solo per i castelli, come noto). Tra i vari vanti si segnala lo scontro con Tito Boeri sul versante pensioni (su cui Renzi lascia intendere che non ci saranno contro riforme, rispetto agli scatti della legge Fornero). Sono così confermati – con un passaggio sulle pensioni d’oro – gli attriti tra il presidente del Consiglio e quello dell’Inps, che ha più volte sollecitato il rispetto di quella che era una promessa del renzismo delle origini: «Una cosa son le pensioni d’oro, altro sono le pensioni sopra i duemila euro. Io una pensione da tremila euro netti non la considero d’oro», ha detto però il premier.
La conferenza stampa è durata più di due ore e mezza. Si è parlato perfino dei botti dicapodanno. Una certa tensione è stata sempre presente tra il premier e il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino. E non perché Renzi abbia ricordato la sua storia posizione sull’abolizione dell’Ordine. Renzi e Iacopino si sono attaccati sulla situazione del giornalismo in Italia. Renzi, a differenza del rappresentante dei giornalisti, non vede «né piaggeria», soprattutto verso il governo (!), «né sfruttamento» nei giornali italiani. Iacopino aveva invece denunciato aprendo la conferenza stampa le retribuzioni bassissime che troppo spesso gli editori corrispondono ai colleghi. 1, 2, 3 euro ad articolo. O anche niente, che si fa prima. Il premier ha però preso le parti degli editori: «Siamo più sereni», ha replicato stizzito Iacopino evocando l’equo compenso difeso dal governo, «ora che sappiamo che si può vivere con 4920 euro l’anno».