Serve che le grandi potenze utilizzino tutti i canali a loro disposizione per abbassare la tensione in Medio Oriente. Abbiamo chiesto all'ex ministro degli Esteri cosa pensa della crisi tra Teheran e Riad

La raggiungo telefonicamente in Oman, è lì da qualche giorno per studiare l’arabo e la regione. Ex ministro degli Esteri, grande conoscitrice delle questioni mediorientali, molte cose a Left le aveva già dette tempo fa, quando le chiedevamo di Is e terrorismo. «Occhio all’Arabia Saudita, il problema è lo scontro tra sunniti e sciiti», inevitabile allora cercarla ancora per chiederle a cosa può portarci questo conflitto esploso tra Riad e Iran: «Io francamente non ho la palla di vetro e non so cosa succederà. Né mi interessa investire tempo ed energie per formulare scenari drammatici. Quello che mi interessa è capire se esistano margini per chiunque possa – si tratti di Russia, Europa, Stati Uniti, altri Paesi del Golfo – abbassare la tensione tra l’Arabia Saudita e l’Iran».
E chi può?
Mi pare che Putin si sia offerto di fare il mediatore. Certo avrei preferito qualcun altro, ma insomma non bisogna dimenticare che, al di là della geopolitica o della geostrategia, c’è in gioco la vita di milioni di esseri umani. Va bene parlare di interessi e geografia ma sapendo che questo poi ha un riflesso sulla vita di milioni e milioni di persone. È chiaro che la scelta saudita di mandare a morte Al Nimr è stata un colpo durissimo per il dialogo siriano iniziato a Vienna e, per certi versi, anche all’accordo con l’Iran sul nucleare. Quindi, da una parte, è un messaggio a Teheran, e dall’altra, agli Stati Uniti.
«Un segno di debolezza dell’Arabia Saudita» hai dichiarato giorni fa…
Sì, a me questa provocazione così plateale sembra, diversamente da quanto pensano altri, un segno di debolezza dei Sauditi che hanno mille problemi a casa loro: la guerra in Yemen che non va bene, l’abbassamento del prezzo del petrolio che pure hanno voluto loro ma che sta comportando l’approvazione di alcuni piani di austerity nel Paese, le minoranze sciite piuttosto forti nell’est della regione, che poi è quella del petrolio. Alcune loro ribellioni sono state soffocate nel 2011 ma ovviamente covano sotto la cenere, come ovviamente cova sotto la cenere il disagio e lo stato di ebollizione della gioventù saudita. Hanno anche problemi di bilancio, per questo mi sembra un segnale di debolezza e come sempre i deboli sono arroganti. E prepotenti.

cover left n.2 | 9 gennaio 2015

 

Continua sul n. 2 di Left in edicola dal 9 gennaio 2016

 

SOMMARIO ACQUISTA