La costituzione di Renzi è cosa fatta e la sfida per i referendum parte con una battuta di Orfini che accomuna Rodotà a Maria Stella Gelmini

Non è solo Matteo Renzi che se la prende con i gufi e i professori. È una battuta di Matteo Orfini a fotografare questa volta la distanza tutta politica che c’è tra i banchi dei deputati Pd e la sala dei Gruppi, sempre a Montecitorio, a due piani di distanza, dove Stefano Rodotà presentava, con gli altri promotori, il comitato per il No al referendum costituzionale, annunciando peraltro di aver raggiunto le firme necessarie alla sua convocazione.

Dopo aver ringraziato Giorgio Napolitano e Maria Elena Boschi, Matteo Orfini ha infatti risposto a Maria Stella Gelmini intervenuta poco prima di lui per dichiarare il voto contrario di Forza Italia. «Vi siete ritrovati a citare Zagrebelsky e Rodotà», ha detto il presidente del partito democratico: «È un’inedita accoppiata che sarà divertente misurare nei fatti».

Dopo il voto prevedibile della Camera (367 i sì), il testo come ricorda il tweet del sottosegretario alle riforme Ivan Scalfarotto tornerà ora al Senato e poi nuovamente alla Camera. Non ci saranno sorprese, ma il passaggio al Senato è stato comunque bonificato da Renzi, che lo ha voluto prima del voto più spinoso sulla legge Cirinnà. Poi ci sarà il referendum, che è però già il vero terreno di scontro. Sul comitato del No, che ha l’appoggio di Sinistra Italiana, di Giuseppe Civati e dei 5 stelle, pesa però la propaganda di Matteo Renzi, la contrapposizione tra conservatori e innovatori, sposata come possiamo vedere anche da Roberto Formigoni.

Altro punto di forza del premier, poi, è quello di trasformare il referendum in un test sul governo. Non si vota solo la riforma, ma tutto il pacchetto, nonostante su questo si siano registrati i malumori anche della minoranza Pd: «Io», dice il premier alzando la posta, «non sono legato alla poltrona». Tradotto: se perdo, me ne vado. Per i costituzionalisti del No, il problema non è solo formale («Si vota sulla riforma», dicono, «e il referendum non è uno strumento a disposizione del governo»), ma è anche strategico: «Se non caricasse così la battaglia», è il commento che si raccoglie durante la conferenza di presentazione della campagna referendaria, «senza quorum, potrebbe anche perdere».