Ennio Morricone il Maestro per eccellenza, ha vinto il suo terzo Golden Globe per la colonna sonora dell’ultimo film di Quentin Tarantino, The Hateful Eight. Per lo stesso Tarantino – che ha ritirato il premio al posto del musicista ringraziandolo in italiano per il suo lavoro – aver collaborato con Morricone è la realizzazione di un sogno che aveva fin da bambino, quando guardava gli spaghetti western di Sergio Leone le cui musiche erano curate dal compositore italiano. «Per quel che mi riguarda – ha detto il regista – Morricone è il mio compositore preferito e quando parlo di compositore non intendo quel ghetto che è la musica per il cinema, ma sto parlando di Mozart, di Beethoven, di Schubert».
Ecco allora come qualche tempo fa il Maestro si era raccontato a Left in un’intervista di Tiziana Barillà:
Maestro, lei è da molti considerato “il mago delle colonne sonore”, le sta stretta questa definizione?
Se si pensa a me solo come compositore per il cinema, mi sta strettissima. Tanto è vero che la mia musica, quella che io chiamo “assoluta” e cioè non condizionata da un’altra arte come il cinema, si sta eseguendo sia in Italia che all’estero, e grandi direttori la dirigono.
Qual è la differenza tra ascoltare le sue musiche eseguite in un concerto oppure al cinema?
C’è una grande differenza. Mentre la musica per il cinema viene fatta su misura per una certa scena o per certe sequenze, in un concerto live la eseguo interpretandola in maniera diversa, senza pensare al cronometro.
C’è più libertà, quindi?
Sì, assolutamente. Come una composizione sinfonica normale.
Lei conosceva molto bene Leone, eravate addirittura compagni di classe. Come lo ricorda?
Lo ricordo bene. Lui era non solo un grande regista, ma un grande amico. Addirittura siamo stati vicini di casa, a 200 metri, qui a Roma. E le nostre famiglie, la mia e la sua, sono amiche ancora adesso.
Avete avuto una collaborazione artistica molto lunga, cominciata nel lontano 1964. C’è una scena o un momento in particolare che ricorda?
Sergio era molto meticoloso nel fare i suoi film. Quando mi parlava di un film, ancora prima di girarlo, mi raccontava le inquadrature, faceva proprio il gesto della macchina da presa con le mani. Era molto attento ai particolari. Ovviamente non mi raccontava tutte le scene, ma quelle principali, che si sarebbero rive- late fondamentali per la musica.
Crede che l’Italia abbia ancora delle eccellenze in campo musicale?
Sì, eccellenze enormi. Ma non sono aiutate. E alcuni cambiano mestiere.
Maestro, lei ha uno strumento che predilige?
L’organo, quello vero. Non quello meccanico, elettrico, ma l’organo da chiesa. Quello di Santa Maria degli Angeli, a Roma, è straordinario.
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