Un convoglio umanitario del World Food Program e della Mezzaluna/Croce rossa è entrato ieri a Madaya, la città di 40mila persone che muore di fame perché ha avuto la sventura di cadere nelle mani di Ahrar al Sham e di al Nusra (al Qaida in Siria) e di trovarsi a pochi chilometri da Damasco e dal confine libanese. Convogli che portano coperte, acqua potabile, latte in polvere per bambini e cibo sono entrati anche nelle vicine Foah e Kefraya, a loro volta assediate dai gruppi jihadisti da marzo.
«Sono così deboli che pur venendo incontro per ringraziarci non avevano nessun entusiasmo al vederci arrivare» ha detto un infermiere della Croce rossa alla France Presse.
Dal primo dicembre a Madaya sono morte di stenti 21 persone e molte altre rischiano questa fine se non si metterà fine all’assedio. Secondo il capo delle operazioni umanitarie Onu in zona, Stephen O’Brien, ci sono almeno 400 persone che hanno immediatamente bisogno di cure e che è necessario evacuare: «Occorre organizzare e concordare questa operazione», ha detto. Per adesso solo poche decine di persone sono state autorizzate a lasciare al città. I ribelli si sono rifiutati di dare cibo agli abitanti e sono anzi accusati di vendere al mercato nero a cifre esorbitanti.
Tutte le parti in conflitto stanno usano l’assedio come strumento di guerra: ci sono almeno 15 località circondate. Eserciti e milizie circondano i quartieri, le città o i paesi, bloccano l’accesso ai convogli umanitari e impediscono ai civili di lasciare l’area. Oltre a Madaya, chiusa da Hezbollah – che a sua volta ha accusato le milizie jihadista non legate all’ISIS di usare i civili come scudi – l’esercito di Assad ha sigillato Ghouta e Darayya, sobborghi di Damasco, e la città di montagna di Zabadani. I ribelli hanno circondato i villaggi di Foah e Kefraya e l’ISIS assedia le zone controllate da Damasco a Deir al-Zour.