La narrazione che funziona, mi spiegava un amico fine conoscitore delle cose politiche, ha bisogno di un protagonista e le sue difficoltà da superare: il giochetto, mi spiegava, sta tutto nel disegnare con furbizia le ostilità per forgiare la propria immagine. Semplice: per Silvio Berlusconi i nemici sono stati i giudici, per Grillo il sistema politico nel suo complesso, per Salvini gli immigrati, per Bossi i terroni e così via, in una sequela di nemici che in verità, ripensandoli, non fanno troppo onore allo spessore politico degli ultimi vent’anni. Matteo Renzi invece ha evoluto la forma del “nemico” nella forma più “pop”: sono nemici tutti quelli che si oppongono. Così pur venendo dalla storia democristiana della mediazione e del compromesso il Presidente del Consiglio (e la “fanfaniana” ministra Boschi) passa il tuo tempo a rivendicare le riforme “nonostante” l’opposizione.
Ieri, in questo stantio copione, i renziani al governo dopo avere concluso alla Camera l’iter di approvazione della riforma costituzionale hanno estratto dal cilindro l’epiteto del momento per minoranze e opposizioni: “conservatori”. “I conservatori non fermeranno le riforme” hanno ululato in coro Renzi e i suoi renzini alle agenzie di stampa, convinti come sono che ogni cambiamento sia un’innovazione al di là dei benefici che potrebbe portare.
Il “cambiare per cambiare” è inevitabilmente molto più semplice del “riformare per migliorare” ed è anche più facile da comunicare: “svecchiamo la macchina statale”, “rendiamo l’Italia più snella”, “superiamo il vecchio bicameralismo”, “riformiamo il Paese”, sono gli spot del momento. Un occhio attento nota subito come la riforma costituzionale si basi su ciò che viene debellato piuttosto che sul come sarà ricostruito.
Il fatto è che questa sfavillante confusione tra giovanilismo, riformismo e nuovismo in realtà è antipolitica applicata: il motore delle riforme è la nausea per ciò che è stato, senza analisi, senza una reale convergenza sugli obiettivi futuri, tutti presi dalla fretta di non sembrare fermi.
Significa “essere conservatori” sottolineare che la riforma costituzionale sia disastrosa, goffa e inconcludente? No, non credo, se è vero come è vero che il superamento del bicameralismo perfetto sia un punto di partenza condiviso da quasi tutti. È la riforma, cara Boschi e caro Renzi, che non funziona, non il riformare. E sarebbe meglio per tutti (Costituzione inclusa) rimanere sul punto.