È stato un colpo di vento. Hanno detto proprio così. Un colpo di vento che ha portato alla deriva le due navi da guerra americane e mettici anche la sfortuna e le onde sguincie alla fine sono entrate in territorio che non è loro

È stato un colpo di vento. Hanno detto proprio così. Un colpo di vento che ha portato alla deriva le due navi da guerra americane e mettici anche la sfortuna e le onde sguincie alla fine sono entrate in territorio che non è loro. Perché dalle informazioni che si hanno, nonostante una certa cautela reverenziale da parte di quasi tutti, sono stati gli USA ad entrare in un territorio in cui non erano autorizzati ad entrare. E gli altri, l’ala dura degli iraniani, hanno festeggiato per la moltiplicazione dei pani, dei pesci e delle portaerei sulle loro coste.

Letta così la notizia dell’ultimo sgarbo tra Iran e USA sembra una scenetta da famigliola in pedalò e se ne potrebbe anche sorridere se non fosse che l’aria che tira tra i due puzza spesso d’incenso e di nucleare e che giusto il 30 dicembre scorso alcune navi iraniane si sono avvicinate a poche miglia dalla portaerei Truman che viaggiava in acque internazionali nello stretto di Hormuz e hanno sparato alcuni razzi.  Anche in quel caso si parlò di “un incidente”, un’esercitazione andata male e che poteva finire peggio.

Ed è di pochi mesi fa lo “storico” accordo tra Teheran e le potenze mondiali sul trattato con cui l’Iran ha accettato di essere “controllato” perché non sviluppi l’atomica in cambio della caduta delle sanzioni internazionali. Un accordo che la “nostra” Mogherini aveva salutato come “storico” per l’importanza del risultato prodotto. Beh: se doveva essere l’inizio di un percorso di pace c’è da dire che i segnali certo non inducono ottimismo. Ma non è di questo che vorrei parlare: mentre nel mare la più grande potenza del mondo gioca a nascondino con i suoi giocattoli bellici risuona ancora una volta la stonatura tra un Paese che, piegato su se stesso e perso nelle beghe di chi ha meno indagati dell’altro, e la comunità internazionale e i grandi cambiamenti della politica estera che continuano ad essere, in Italia, un’esotica rassegna stampa da sfogliare con snobismo in pubblico per darsi un tono. C’è, di fondo, l’incapacità (per mancanza di cultura nella politica internazionale) di costruire e offrire una chiave di lettura degli avvenimenti nel mondo, da parte della politica e dell’intellighenzia italiana, che coltiva un’opinione pubblica ferma a poco di più dell’India e i due marò e lo stupro di Colonia.

Perché il mondo (e l’Europa) sono così poco interessanti per i nostri politici? Perché la comunità internazionale interessa soltanto quando si parla  di criteri economici o finanza o immigrazione e poco altro? Ecco oggi sarebbe bello che si lasciasse perdere per un secondo Quarto, Como o il prossimo sindaco forse indagato (o forse no) per ascoltare le opinioni e le proposte o anche più semplicemente la lettura dei fatti di ciò che accade in un mare nemmeno troppo distante. Leggere se davvero dobbiamo credere che l’appena sbocciata amicizia internazionale con l’Iran non sia soltanto la maschera di una convivenza in cagnesco oppure se possiamo considerare giusto e normale un presidio armato da parte degli USA in quasi tutti gli angoli del mondo. Discutere, in tutto questo, magari anche del nostro ruolo in questo planetario Risiko contemporaneo e discutere, perché no, di quello che sembra spesso un asservimento piuttosto che una collaborazione con gli americani esportatori seriali di democrazia. Un paio di queste cose qui. Per sentirsi meno provinciali. Per non parlare di razzi, navi e accordi nucleari come si farebbe con un gossip à la page. Una cosa così.