Da un allarme scattato fra storici dell’arte, archeologi, museologi, professori e studenti universitari riguardo alla svendita di pezzi importanti del patrimonio d’arte italiano nel 2002, è nato il sito Patrimoniosos.it, preziosa e colta sentinella che quotidianamente aggiorna i lettori su quanto sta accadendo in Italia riguardo alla tutela dei beni culturali.
«Tutto è cominciato dalla discussione prima e dall’approvazione poi del D.L. 63/2002 poi convertito in L. 112/2002», racconta l’archeologa Denise La Monica, che insieme ad altri fa parte del nucleo storico che ha fondato questo importante sito, nato a Pisa. «Questa norma istituiva la Patrimonio dello Stato Spa, una società che avrebbe dovuto detenere completi diritti sugli immobili pubblici del patrimonio disponibile e indisponibile, con finalità di gestione e valorizzazione, anche in funzione del supporto a Infrastrutture Spa».
Di fatto questo provvedimento faceva temere che gli immobili pubblici fossero soggetti alla vendita indiscriminata e alla commercializzazione «anche per supportare, sotto forma di garanzia o caparra, la costruzione delle grandi infrastrutture». «In altri termini – afferma il team di Patrimoniosos – si paventava che, con l’approvazione di questo provvedimento, si aprisse la strada alla dismissione massiccia del patrimonio immobiliare pubblico. Che è costituito in gran parte da immobili storici, spesso ex conventi posti nel cuore di centri storici come San Gimignano o Lucca, che sono transitati nelle proprietà dello Stato italiano in seguito alle soppressioni di ordini religiosi e all’incameramento dei loro beni, già alla fine del ‘700 (soppressioni napoleoniche), e poi di nuovo in seguito sulla spinta delle necessità del nuovo Stato italiano».
Poi nei fatti è sfumata la preoccupante prospettiva di una “Italia spa” per dirla con il titolo di un pungente libro di Salvatore Settis.
La Patrimonio dello Stato Spa è poi andata incontro a varie difficoltà e non è riuscita ad avviare in maniera significativa quel processo immaginato dai suoi sostenitori come Giulio Tremonti, allora ministro dell’Economia e delle Finanze e fautore della cosiddetta “finanza creativa”.
Ma quel processo di svendita, purtroppo, non si è fermato?
Anzi, al contrario, si è fatto più insidioso perché sono state tentate molte altre vie per la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico: le vendite a trattativa privata, anche in blocco; la costituzione di SCIP, FIP e altri fondi immobiliari; il federalismo demaniale, un processo avviato nel 2010 e intensificatosi dal 2012, con cui si prevede il trasferimento dei beni immobili dal Demanio agli enti locali, in funzione della loro “valorizzazione”. In questo modo si sono moltiplicati i canali di fuoriuscita di beni dal patrimonio indisponibile a quello disponibile, rendendo il meccanismo difficilmente controllabile. Di tutto questo percorso l’Agenzia del demanio è stata protagonista: a partire da una legittima esigenza di conoscere e classificare il patrimonio immobiliare statale, si è attivata anche per promuovere la dismissione dei beni pubblici.
Per tornare a Patrimoniosos, nel 2002 , vi siete fatti tramite della protesta del mondo intellettuale?
Fu promosso un appello, che circolò in rete tra gli addetti ai lavori e raccolse numerose adesioni, 2300 in pochi giorni, in risposta a quel messaggio indirizzato alle tre massime cariche dello Stato arrivò anche una lettera della presidenza della Repubblica di apprezzamento per l’iniziativa. Il successo dell’appello convinse il piccolo gruppo che aveva promosso la raccolta di firme a dare “stabilità” con la creazione di un sito per raccogliere e a divulgare le notizie sulle politiche riguardo al patrimonio culturale. Si decise allora di creare un luogo, in rete, in cui raccogliere non solo articoli di rassegna stampa, ma anche interventi di addetti ai lavori su questioni aperte, recensioni a libri, oltre che comunicati di associazioni e informazioni su convegni o seminari. Intendevamo cioè creare una piattaforma di dialogo aperta, dinamica e basata sulla raccolta continua e partecipata di informazioni.
le menti brillanti c’erano per i contenuti, ma chi ha dato forma al sito come lo vediamo oggi?
Il sito fu creato, anche grazie all’aiuto gratuito di un grafico molto sensibile alle questioni dell’ambiente e ad uno straordinario ingegnere informatico di origini somale, Jama Musse, e negli anni è stato costantemente tenuto aggiornato, seppur con molti limiti e difficoltà, esclusivamente attraverso la collaborazione gratuita e il contributo volontario di noi che facciamo parte della redazione.Da alcuni anni il sito è ospitato gratuitamente nel server di Umberto Allemandi spa che ha compreso il valore e il significato della nostra iniziativa. Infine nel 2010 il sito ha ricevuto il premio Silvia dall’Orso per la migliore comunicazione nel campo dei beni culturali.
La redazione è composta di persone con una formazione specialistica in archeologia e storia dell’arte; molti di voi fanno ricerca o insegnano all’università. Il caso di Patrimoniosos dimostra che si può fare con successo informazione colta in rete?
Non sappiamo se si possa conseguire il “successo”; ciò che noi abbiamo tentato di fare, in questi anni, ormai tredici, è tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica, ma anche la nostra, attraverso il duro e quotidiano lavoro di redazione del sito, per conoscere direttamente e rimanere sensibili verso le questioni del patrimonio culturale. L’obiettivo è costringere per primi noi stessi e poi, di conseguenza, gli altri cittadini ad interessarsi non solo della storia del nostro patrimonio, che per noi è un requisito ovviamente imprescindibile, ma anche delle attuali politiche, delle dinamiche più correnti che riguardano il patrimonio. Solitamente noi non prendiamo posizione, ma ci limitiamo a raccogliere e riproporre i contenuti già prodotti da altri, per sensibilizzare l’opinione pubblica, dunque aumentare il senso critico e anche, di conseguenza, il livello di tutela del patrimonio.
Qual è il vostro pubblico e come è andato crescendo negli anni?
Il nostro pubblico è composto soprattutto da universitari, studenti e docenti, funzionari del ministero, personale dei musei, giornalisti e addetti all’informazione. Con l’aggiunta di una pagina facebook intitolata Fan di Patrimoniosos abbiamo ulteriormente aumentato l’appeal del sito. Il numero di accessi al sito e alla pagina FB è molto alto; così come il numero di iscritti al sito. Nella fase in cui facevamo una newsletter aumentava di giorno in giorno.
Il sito rilancia petizioni e appelli per la piena applicazione dell’articolo 9. Lo studio dell’arte su Patrimoniosos non è svincolato dall’impegno civile. Che cosa ispira il vostro lavoro? Condividete dei punti di riferimento intellettuale?
In primo luogo condividiamo l’idea che gli addetti ai lavori -archeologi, storici dell’arte, ecc. – debbano impegnarsi per la tutela del patrimonio e del territorio. Il sito è organizzato in sezioni: alcune stabili, presenti fin dall’inizio (appello, leggi, comunicati, eventi, beni in pericolo, rassegna stampa, chi siamo), altre più mobili, attivate nel passato in alcuni casi per allarmi contingenti (ad esempio la sezione Nuovo codice SOS, ad esempio): tutte le sezioni sono comunque ancora accessibili, a costituire un archivio online, e offrono materiali importanti per chi voglia interessarsi della politica per il patrimonio culturale degli ultimi dieci anni.
È stata organizzata anche una sezione intitolata “Bacheca delle tesi”
Sì lì gli interessati possono dare notizia dei propri lavori di tesi svolti su temi di interesse di Patrimoniosos. Sono attualmente censiti in questa sezione circa duecento lavori, che auspichiamo aumentino attraverso la segnalazione diretta di studiosi e ricercatori. Come è chiaramente dichiarato sul sito il nostro intento è animare un dibattito sul patrimonio, rendere consapevoli i cittadini delle questioni aperte e delle decisioni che di volta in volta vengono prese dalla politica. Maggior consapevolezza da parte dei cittadini corrisponde ad un sistema civile e democratico migliore, più funzionante ed efficace. Purtroppo l’inaccessibilità ai cittadini della rassegna stampa del MIBACT non è un buon segno sotto questo punto di vista.
L’archivio di Patrimoniosos è particolarmente prezioso per chi fa informazione. Metterlo a disposizione di tutti come fate da tempo è una importante forma di servizio pubblico?
Certamente lo è, ma non vorremmo in questo sostituirci a chi dovrebbe farlo per compito istituzionale. Molte cose si potrebbero migliorare, ma servirebbero, per questo, fondi che non abbiamo: vorremmo re-ingegnerizzare la sezione dedicata alle Leggi, riorganizzandola in una raccolta più sistematica e ampia dei testi normativi e dei lavori parlamentari relativi al patrimonio culturale; vorremmo riattivare la newsletter; vorremmo essere più attivi, affiancando meglio e di più Italia Nostra, Associazione Bianchi Bandinelli e altre associazioni; vorremmo effettuare un restyling generale, migliorare tutto il content management system. Purtroppo però, come dicevo, siamo solo pochi volontari, attualmente solo sei, ed è già molto impegnativo tenere costantemente aggiornato il sito, almeno le sezioni della rassegna stampa, dei comunicati, degli eventi e delle news, nonché rispondere alla posta che arriva alla redazione.
Progetti in cantiere?
Patrimoniosos è diventata da qualche anno anche associazione e potremmo raccogliere fondi per attuare interventi di reingegnerizzazione del sito. Si può però forse dire che ormai, nonostante le molte difficoltà, siamo molto affezionati al quotidiano lavoro al sito, che, come dicevo prima, costringe per primi noi stessi a stare con gli occhi ben aperti. Il nostro primo e unico progetto è mantenere in vita il sito, migliorandolo dal punto di vista tecnico e dunque anche comunicativo. È sempre facile nel nostro paese dar vita a nuove attività, ma molto difficile è mantenere in vita ciò che c’è.
La redazione di Patrimoniosos.it è composta da:
Denise La Monica, Donata Levi, Marco Mozzo, Emanuele Pellegrini, Simona Rinaldi e Martina Visentin
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