Accorpare le oltre settanta diverse casse pensionistiche, portare l’età pensionabile a 67 anni ma senza tagliare gli assegni. Almeno per ora. Così il premier greco prova a tener fede agli impegni elettorali

Come un equilibrista Alexis Tsipras cerca di muoversi nelle pieghe del nuovo memorandum firmato con i creditori nel tentativo di rimanere il più possibile fedele alle promesse. Ecco la prima, pesantissima, sfida: le pensioni, che pesano sulle casse dello Stato per ben 8,6 miliardi (circa il 4 per cento del Pil). Tanto, ma sempre la metà rispetto al 2010 quando il costo per l’erario ammontava a quasi 19 miliardi.

Il problema di Tsipras è che il sistema pensionistico non è sostenibile, le casse sono state sistematicamente saccheggiate fin dall’indomani della guerra civile. Corruzione e cattiva amministrazione. Poi scelte azzardate, come nel 1999, quando l’allora premier socialista Kostas Simitis ha incoraggiato i fondi pensionistici a investire in Borsa, proprio alla vigilia del crollo. A crisi già conclamata, nel 2012, c’è stato il disastroso haircut dei titoli pubblici in mani private a terminare l’opera. Si calcola che, in tutto, alle casse pensionistiche tra azzardi e investimenti sbagliati siano stati sottratti più di 80 miliardi, di cui 35 nell’ultimo ventennio. La Troika non se ne cura e replica sempre la stessa ricetta: tagliare, tagliare e di nuovo tagliare. Al contrario il governo vuole evitare tagli, come si dice, orizzontali: e non tagliare le prestazioni essenziali. Va bene unificare le attuali settanta casse pensionistiche. D’accordo abolire definitivamente i baby pensionati e introdurre una pensione sociale di 385 euro. Sì ad andare in pensione a 67 anni e con almeno 40 anni di contributi. Ma poi, secondo pilastro della riforma, bisogna rinnovare il sistema dei contributi sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Le unioni di commercianti e industriali hanno accettato la logica, discutendo sulle aliquote, se dovessero esser dell’1 o dello 0,5 per cento. Molto più pesanti saranno i contributi degli agricoltori, già colpiti dall’obbligo, a cui non erano avvezzi, di dover pagare le tasse: dal 7 per cento, quanto pagavano per le pensioni, passeranno al 10 entro l’anno e al 20 nel 2019. Una terapia d’urto che genera proteste e manifestazioni nella provincia greca, con trattori a bloccare le strade. Ma la Cassa degli agricoltori è quella con il maggior passivo, accumulato dalla vecchia politica per evidenti ragioni clientelari.

Il governo di Syriza ha comunque mantenuto l’impegno di evitare un dodicesimo taglio alle pensioni, almeno differendolo nel tempo. 2,7 milioni di greci attualmente in pensione possono sentirsi sollevati, meno i  3,6 milioni di greci attivi.


 

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