La popolazione carceraria Usa diminuisce lentamente ma resta fuori misura. Il sistema penalizza gli afroamericani in maniera sproporzionata e l'uso dell'isolamento è fuori misura. Il presidente scrive un articolo per il Washington Post e annuncia la riforma del sistema carcerario federale in materia di isolamento in cella

L’America ha un problema con il carcere: una popolazione carceraria enorme, un sistema giudiziario che penalizza i meno abbienti e i marginali (un problema che si ripete un po’ ovunque nel mondo), un sistema spesso razzista. Potrebbe bastare, ma ci sono anche le violenze in carcere e la privatizzazione, che costa soldi alle casse pubbliche e rende il sistema più punitivo del dovuto: più galeotti dietro le sbarre, più soldi alle compagnie private.

È su questo sistema che interviene la scelta di Barack Obama di modificare le norme relativa all’isolamento in carcere, che, spiega il presidente in un articolo pubblicato dal Washington Post, è usato in maniera eccessiva, anche con i carcerati più giovani.

Una ricerca pubblicata da Yale che ha posto domande sulla questione a tutte le amministrazioni carcerarie degli Stati Uniti, ricevendo risposte per circa l’80% del totale della poplazione carceraria (attorno al milione e mezzo di persone)  e citata dallo stesso presidente valuta una popolazione carceraria in isolamento tra le 80 e le 100mila persone. La stessa ricerca segnala come le ragioni per cui una persona finisce in cella sono le più diverse e spesso futili. E come non ci siano normative, procedure chiare: è il direttore del carcere che decide, sostanzialmente a sua discrezione.

Per questo l’amministrazione Obama ha ordinato una revisione del sistema e ha deciso di riformare la normativa per le prigioi federali (quelle su cui ha giurisdizione), abolendo l’isolamento per i giovani e limitandolo in altri casi. Per spiegare le sue ragioni, Obama ha scritto un articolo di cui abbiamo tradotto ampi stralci qui sotto. Questa scelta, come altre fatte durante l’ultimo anno, segnala una volontà del presidente di intervenire in alcune aree oscure del sistema americano. Quelle stesse aree che tendono a penalizzare, marginalizzare alcune parti della popolazione. Spesso le minoranze o la popolazione immigrata. E a lasciarle ai margini dove sono. Anche la battaglia ingaggiata sulle armi rientra a modo suo in questo ambito: molte armi significa stragi commesse dallo squilibrato di turno che fanno notizia, certo, ma anche decine di morti ammazzati nei ghetti neri, dove la cultura delle armi e quella gangsta, assieme, hanno fatto disastri. Specie nella sua Chicago.

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I numeri del carcere negli Stati Uniti

Le persone sottoposte a limitazioni della libertà di qualche forma (compresi i detenuti in attesa di giudizio, le persone agli arresti domiciliari o fuori su cauzione) negli Stati Uniti erano circa 6 milioni e 800mila nel 2014. Le persone dietro le sbarre erano 2 milioni e 200mila.

A essere sottoposto a limiti della libertà personale è il 2,8% della popolazione, il tasso più basso dal 1996. La popolazione carceraria è diminuita dell’1% l’anno dal 2007.

Nel 2010 i carcerati erano al 39% bianchi (64% della popolazione), al 19% ispanici (14%) e al 40% afroamericani (13%).

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L’articolo di Obama

Nel 2010, Kalief Browder , 16 anni del Bronx è stato accusato di aver rubato uno zainetto. Fu spedito nel carcere di Rikers Island in attesa del processo, qui ha subito violenza indicibili per mano dei detenuti e delle guardie – e qui ha trascorso quasi due anni in isolamento.

Nel 2013, Kalief è stato rilasciato, senza essere stato processato. Ha completato con successo un semestre al Bronx Community College. Ma la sua vita è stata una lotta costante per riprendersi dal trauma di essere rimasto mesi rinchiuso da solo per 23 ore al giorno. Un sabato, si è suicidato tra le mura di casa sua. Aveva solo 22 anni.

Negli Stati Uniti l’isolamento in cella è cresciuto in popolarità nei primi anni dell’800, e le motivazioni per il suo utilizzo sono cambiate nel corso del tempo. Oggi questa pratica è sempre più abusata su persone come Kalief.  Con risultati strazianti. Per questo la mia amministrazione ha deciso di prendere provvedimenti per affrontare il problema.

Ci sono ben 100mila persone detenute in isolamento nelle carceri statunitensi – compresi minori e persone con malattie mentali. Ben 25.000 detenuti stanno scontando mesi e anni da soli in una cella minuscola, con quasi nessun contatto umano.

La ricerca suggerisce che l’isolamento ha il potenziale di produrre conseguenze psicologiche devastanti e durature. È stata collegata alla depressione, all’alienazione, riduce la capacità di interagire con gli altri e aumenta la possibilità di comportamenti violenti. Alcuni studi indicano che può peggiorare malattie mentali esistenti e generarne  di nuove. I prigionieri in isolamento sono più propensi a suicidarsi, soprattutto se giovani e con disturbi psichiatrici.

Gli Stati Uniti sono il Paese della seconda chance, ma l’esperienza di isolamento rischia di eliminarla.

In qualità di presidente, il mio compito più importante è quello di mantenere il popolo americano al sicuro. E da quando ho assunto l’incarico, il tasso di criminalità è sceso di oltre il 15 per cento. Nel nostro sistema di giustizia penale, la pena dovrebbe essere adeguata al crimine e coloro che hanno passato il loro tempo in carcere dovrebbero uscirne pronti a diventare membri attivi della società. Come possono esserlo i prigionieri sottoposti a isolamento inutile? L’isolamento non ci rende più sicuri ed è un affronto alla nostra umanità. (…)