Un anno fa, era il 13 gennaio del 2015, il ministro dell’Interno Angelino Alfano lanciava l’allarme: 3.707 minori non accompagnati (dei 14.243 registrati) erano scomparsi dai centri di accoglienza del nostro Paese, solo nel 2014. Cosa è cambiato da allora? Il numero dei minori scomparsi nel 2015 è aumentato, quasi raddoppiato: se ne stimano più di 6mila (5.902 al 30 novembre 2015). Il Guardian in queste ore riaccende il dibattito sui piccoli scomparsi, pubblicando i dati Europol: in Europa, si contano almeno 26mila minori non accompagnati.
Proseguono gli sbarchi, i profughi si ammassano dietro le frontiere terrestri e traballano persino i confini interni all’Unione. L’Europa bacchetta i Paesi di frontiera – in primis Italia e Grecia – per non proteggere come si deve i confini comunitari, e minaccia la sospensione dello spazio di libera circolazione all’interno dell’Ue, Schengen. Il pericolo, per il momento sembra scampato. Si apre anche uno spiraglio per la cancellazione del Sistema Dublino, che “blocca” i richiedenti nel Paese d’ingresso. Quello che resta, invece, è la convinzione europea che per mantenere le frontiere aperte dentro, tocca rafforzare la chiusura delle frontiere fuori: polizia, selezione rigida degli ingressi, hot spot.
Così, le rotte dei migranti conducono a frontiere sempre più blindate. Tra loro si trovano migliaia di minori che ogni anno raggiungono le nostre coste, da soli. Arrivano, principalmente, da Egitto, Albania, Eritrea, Gambia e Somalia. Hanno dai sette ai diciassette anni, la metà di loro si trova tra Calabria e Sicilia, oltre il 95% è di sesso maschile. E, a dire il vero, qualcuno di loro, non ci arriva nemmeno sulle nostre coste. Ricordate Aylan? Il suo corpicino sulla spiaggia turca di Bodrum provocò lo sdegno del mondo intero. Dopo di lui, di minori morti in mare e alle frontiere: 700 sui 3.200 morti in mare nel 2015 sono bambini o anche neonati (dati della fondazione Migrantes). Khalid, 2 anni, siriano, è il primo migrante morto nel 2016, pochi giorni dopo è toccato a un piccolissimo profugo di quattro mesi appena, siriano anche lui, morto di freddo in una tenda in Turchia, dov’era rifugiato con la sua famiglia.
Sebbene la convenzione internazionale del 1989, quella per la tutela dei diritti del fanciullo, sia tra le più ratificate al mondo (l’hanno siglata ben 196 Stati). Il nodo dei minori non accompagnati resta ancora da sciogliere. Sul tavolo dell’Ue, il 15 gennaio, è arrivato l’Appello #PalermoCall, che prova a inquadrare in dieci punti le priorità: salvataggio e trasferimento, nessuna relegazione in centri di detenzione, diritto di richiedere protezione internazionale, conformità delle strutture d’accoglienza agli standard minimi. Intanto, Save the children, e altre organizzazioni umanitarie, collezionano denunce e dossier sui rischi di sfruttamento che questi minori corrono: prostituzione, traffico d’organi, matrimoni precoci, sfruttamento lavorativo. Il quadro è agghiacciante, e l’Italia è ancora priva di leggi che, condivise a livello europeo, disciplinino questa specifica categoria, i minori stranieri non accompagnati.
Poche ore fa, il 28 gennaio, da San Gimignano è partita la call per una Carta dei Diritti dei migranti minori non accompagnati. Per chiedere, all’Italia e all’Ue, un quadro normativo comune, un “visto automatico” che garantisca tutela e rintracciabilità nel momento stesso in cui arrivano nei nostri Paesi, un fondo europeo dedicato, lo snellimento delle pratiche di affidamento temporaneo per le famiglie disponibili. Organizzazioni e operatori del settore si sono dati appuntamento alla prossima primavera, per dare vita alla Carta San Gimignano. Left ci sarà.
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