Il direttore mi ha chiesto di scrivere cosa rimane del Family day. Lui dice che la piazza ha perso, che la società l’ha superata, che nessuno la ascolta. E che la Cirinnà verrà votata. Io però non riesco a non pensare alle statue coperte per Rouhani, alla censura di Iacona sulla Rai e ai sermoni della domenica di Scalfari. E non mi convinco. Cosa rimane di questo Family day? Sicuramente rimaniamo io e Maria Candida. Io in quella piazza (ovviamente) non sono andata, e ho una figlia. Maria Candida invece in piazza c’era e di figli ne ha 12: «Da giovane non riuscivo a dare un senso alla vita, il mio matrimonio era un fallimento. Poi il Signore ha cambiato tutto», ha detto. Io da giovane volevo fare l’archeologa e poi anche io ho incontrato un Signore, Girolamo Arnaldi, che mi ha “trasformato” in una storica. Una storica del Medioevo. Così, io di figlia sono riuscita a farne una e per il rotto della cuffia, dopo aver studiato per vent’anni, e solo grazie a un altro Signore, Franco Lisi, un medico, che nonostante una mia patologia fisica mi ha permesso (con una Fivet), di concepire Sofia. Maria Candida ha la mia stessa età ma quei vent’anni deve averli passati a fare i suoi dodici figli. E sabato era lì a dire che la sua è una famiglia “naturale”, la mia no. Io, direbbe Maria Candida, ho “fabbricato” una bambina assecondando un mio egoismo e andando “contro natura”. Perché un figlio non è un diritto ma un dono della natura, che poi per Maria Candida è Dio. Devo dire che certo ho pensato fosse un mio diritto superare una patologia medica superabile, quanto a Sofia, lei era più una possibilità dentro una storia che vivevo. Il direttore dice che quella piazza dai toni inverosimilmente medievali, ha perso. E per un verso ha ragione perché Sofia c’è e come lei milioni di bambini. Eppure tra me e Maria Candida rimane una distanza immensa. È inutile negarlo. Popolata di fallimenti storici. Lei ha addosso secoli di Dio cristiano, che l’ha messa lì, nella sua famiglia “naturale” con un ruolo prefissato di madre e moglie. Poi ha addosso una destra che ancora si approfitta di lei, che va dai ridicoli “tenori” del Family day (Giovanardi, Gasparri, Quagliariello) ai più scaltri, quelli rimasti sulle poltrone di questo governo. Io addosso ho una sinistra che mi imbarazza. Che neanche balbetta più. Che si affanna a distinguere tra papa Francesco e la Chiesa di Bagnasco e Ruini, nella paura folle di perdere l’ultimo dei suoi miti (!). Senza capire che il problema non è Francesco, Giovanni o Benedetto, ma tutto quello che c’è dietro. Secoli di criminalizzazione della donna, di riduzione della sessualità umana a sola riproduzione biologica, di famiglie patriarcali, di anatemi contro tutto ciò che slegasse i rapporti sessuali dalla procreazione: contraccezione, interruzione di gravidanza, procreazione assistita, ora utero in affitto... Qualche anno fa, Adriano Prosperi scriveva su Left: «Il corpo della donna resta ancora per questa Chiesa un contenitore passivo di seme maschile, un condotto di nascite obbligatorie, segnato dal marchio biblico della sofferenza». E sabato, Massimo Gandolfini, ideatore del Family day, urlava: «Dobbiamo dirlo con forza: il sesso non è il piacere sessuale. è la procreazione, la trasmissione della vita, un dono di Dio. Il sesso ci fa partecipi dell’opera creativa di Dio». Il tempo passa, ma non per loro. Non per il loro Dio, che non è tempo e non è possibilità. Perché poi il problema tra me e Maria Candida rimane questo, la libertà “umana”. Che è mente e corpo insieme. Che sceglie se, come e quando realizzare figli, identità, vita. E sa che nasciamo tutti uguali (art. 3) ma diventiamo tutti diversi. Sa pure che la famiglia sono affetti e che la fanno due coniugi (art. 29). Non per forza un uomo e una donna, ma due «che condividono la stessa sorte» (dal latino cum+iugus). E sa che il matrimonio è un contratto, e che la Chiesa un sacco di tempo fa lo ha trasformato in un sacramento perché non sapeva come altro fare per arginare la “libidine” che produceva figli illegittimi e non eredi legittimi. E che è quanto di più “innaturale” esista, perché gli affetti sono una scelta e i diritti sono diritti. Il direttore mi dice che la Cirinnà passerà. Io penso ai vent’ anni, ai dodici figli e alla distanza da colmare.  [social_link type="twitter" url="http://twitter.com/ilariabonaccors" target="" ][/social_link]  @ilariabonaccors [su_divider text="In edicola" style="dotted" divider_color="#d3cfcf"]

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Il direttore mi ha chiesto di scrivere cosa rimane del Family day. Lui dice che la piazza ha perso, che la società l’ha superata, che nessuno la ascolta. E che la Cirinnà verrà votata. Io però non riesco a non pensare alle statue coperte per Rouhani, alla censura di Iacona sulla Rai e ai sermoni della domenica di Scalfari. E non mi convinco. Cosa rimane di questo Family day? Sicuramente rimaniamo io e Maria Candida. Io in quella piazza (ovviamente) non sono andata, e ho una figlia. Maria Candida invece in piazza c’era e di figli ne ha 12: «Da giovane non riuscivo a dare un senso alla vita, il mio matrimonio era un fallimento. Poi il Signore ha cambiato tutto», ha detto. Io da giovane volevo fare l’archeologa e poi anche io ho incontrato un Signore, Girolamo Arnaldi, che mi ha “trasformato” in una storica. Una storica del Medioevo. Così, io di figlia sono riuscita a farne una e per il rotto della cuffia, dopo aver studiato per vent’anni, e solo grazie a un altro Signore, Franco Lisi, un medico, che nonostante una mia patologia fisica mi ha permesso (con una Fivet), di concepire Sofia. Maria Candida ha la mia stessa età ma quei vent’anni deve averli passati a fare i suoi dodici figli. E sabato era lì a dire che la sua è una famiglia “naturale”, la mia no. Io, direbbe Maria Candida, ho “fabbricato” una bambina assecondando un mio egoismo e andando “contro natura”. Perché un figlio non è un diritto ma un dono della natura, che poi per Maria Candida è Dio. Devo dire che certo ho pensato fosse un mio diritto superare una patologia medica superabile, quanto a Sofia, lei era più una possibilità dentro una storia che vivevo. Il direttore dice che quella piazza dai toni inverosimilmente medievali, ha perso. E per un verso ha ragione perché Sofia c’è e come lei milioni di bambini. Eppure tra me e Maria Candida rimane una distanza immensa. È inutile negarlo. Popolata di fallimenti storici. Lei ha addosso secoli di Dio cristiano, che l’ha messa lì, nella sua famiglia “naturale” con un ruolo prefissato di madre e moglie. Poi ha addosso una destra che ancora si approfitta di lei, che va dai ridicoli “tenori” del Family day (Giovanardi, Gasparri, Quagliariello) ai più scaltri, quelli rimasti sulle poltrone di questo governo. Io addosso ho una sinistra che mi imbarazza. Che neanche balbetta più. Che si affanna a distinguere tra papa Francesco e la Chiesa di Bagnasco e Ruini, nella paura folle di perdere l’ultimo dei suoi miti (!). Senza capire che il problema non è Francesco, Giovanni o Benedetto, ma tutto quello che c’è dietro. Secoli di criminalizzazione della donna, di riduzione della sessualità umana a sola riproduzione biologica, di famiglie patriarcali, di anatemi contro tutto ciò che slegasse i rapporti sessuali dalla procreazione: contraccezione, interruzione di gravidanza, procreazione assistita, ora utero in affitto… Qualche anno fa, Adriano Prosperi scriveva su Left: «Il corpo della donna resta ancora per questa Chiesa un contenitore passivo di seme maschile, un condotto di nascite obbligatorie, segnato dal marchio biblico della sofferenza». E sabato, Massimo Gandolfini, ideatore del Family day, urlava: «Dobbiamo dirlo con forza: il sesso non è il piacere sessuale. è la procreazione, la trasmissione della vita, un dono di Dio. Il sesso ci fa partecipi dell’opera creativa di Dio». Il tempo passa, ma non per loro. Non per il loro Dio, che non è tempo e non è possibilità. Perché poi il problema tra me e Maria Candida rimane questo, la libertà “umana”. Che è mente e corpo insieme. Che sceglie se, come e quando realizzare figli, identità, vita. E sa che nasciamo tutti uguali (art. 3) ma diventiamo tutti diversi. Sa pure che la famiglia sono affetti e che la fanno due coniugi (art. 29). Non per forza un uomo e una donna, ma due «che condividono la stessa sorte» (dal latino cum+iugus). E sa che il matrimonio è un contratto, e che la Chiesa un sacco di tempo fa lo ha trasformato in un sacramento perché non sapeva come altro fare per arginare la “libidine” che produceva figli illegittimi e non eredi legittimi. E che è quanto di più “innaturale” esista, perché gli affetti sono una scelta e i diritti sono diritti. Il direttore mi dice che la Cirinnà passerà. Io penso ai vent’ anni, ai dodici figli e alla distanza da colmare.

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