Buona scuola, in arrivo il referendum. Dopo quello promosso da Possibile di Pippo Civati nel 2015 (che non raccolse le firme necessarie), nuovo tentativo, e questa volta “dal basso”. Cioè dalle associazioni dei docenti e studenti, dai sindacati e dai comitati Lip (legge di iniziativa popolare).
Ieri, domenica 7 febbraio, a Napoli è nato ufficialmente il comitato promotore del referendum. Ne fanno parte Flc Cgil, Gilda, Cobas, Unicobas, Anief e per gli studenti l’Uds, oltre a comitati e sigle minori.
Quattro quesiti in cantiere per abrogare altrettanti punti chiave della legge 107. “Due sono già definiti – dice Giovanni Cocchi docente bolognese che fa parte dei comitati Lip – e cioè uno sullo School bonus e l’altro sulla chiamata diretta dei professori da parte del dirigente scolastico, gli altri due sono da definire negli ultimi dettagli ma avranno come oggetto il comitato di valutazione e l’alternanza scuola-lavoro”. Lo School bonus, ricordiamo, è la possibilità di concedere erogazioni liberali da parte di privati ad una scuola specifica, con il rischio di creare disuguaglianze tra scuole e aree del Paese. Sull’alternanza scuola lavoro il dibattito nel comitato – il cui coordinatore tecnico è il costituzionalista Massimo Villone – è ancora in corso. Si tratta infatti di capire se porre un limite alle 200 ore (per i licei) e alle 400 (per i tecnici) da dedicare nel triennio finale agli stage in aziende, enti pubblici, musei ecc, oppure se abrogare la possibilità di svolgere l’alternanza durante il periodo estivo. «In ogni caso si tratta di tutelare i diritti degli studenti a non essere sfruttati», dice Danilo Lampis dell’Uds che ha avviato una campagna tra gli studenti proprio per far emergere situazioni anomale.«Noi vorremmo un codice etico da parte delle imprese, ma anche la Carta dei diritti degli studenti in alternanza scuola-lavoro che il ministro aveva promesso di attuare, dall’autunno scorso e che invece è ancora arenato negli uffici del ministero a Viale Trastevere», sottolinea.
Tornando ai referendum, a marzo è prevista un’altra assemblea da cui usciranno i quesiti ormai redatti e il via alla campagna referendaria. Che per il momento non vede partecipare i partiti, che, se vorranno, fa notare Cocchi, potranno creare dei comitati di sostegno. Tre mesi di tempo per raccogliere almeno 600mila firme e poi la Corte costituzionale dovrà decidere se i quesiti sono ammissibili.
Ma qual è il clima che regna nelle scuole? “C’è il fuoco sotto la cenere”, dice il rappresentante dei comitati Lip. “La legge 107 ha già fatto vedere crepe come la supplentite o la fine toccata ai docenti del potenziamento: assunzioni senza verificare i reali bisogni delle scuole”, afferma Cocchi. Per questo motivo, una campagna referendaria può riaccendere la miccia e convogliare le delusioni e l’insoddisfazione che già hanno prodotto contestazioni a macchia di leopardo. Come è accaduto nelle Marche e in un liceo di Pisa dove i docenti si sono rifiutati di votare i due rappresentanti del Comitato di valutazione che ha il compito, tra l’altro, di elargire un bonus in denaro ai meritevoli.
Ma il referendum va preparato con molta attenzione, sottolinea Lampis. “I quesiti devono essere chiari e semplici e la campagna deve coinvolgere tutti, tenendo presente comunque che il referendum non è la panacea di tutti i mali. Ma la sua forza è anche quella di stare insieme agli altri percorsi referendari”. Che sono quelli ambientali, come il No Triv e quello sul Jobs act su cui la Cgil sta sondando i suoi iscritti.
Così tra pochi mesi, verso la metà di aprile, potrebbe accadere che, mentre il presidente del Consiglio affila le armi per la “sua” campagna sul referendum costituzionale, dal basso, arriverebbero i referendum che mettono in crisi proprio i suoi gioielli: la Buona scuola, lo Sblocca Italia e forse anche il Jobs act.