E due, è arrivata la volta del New Hampshire, e così siamo alla seconda tappa in questa telenovela infinita che sono le primarie americane 2016. Il Granite State vota sempre per primo e, come l’Iowa ha una popolazione molto bianca e anziana, e dunque poco rappresentativa dell’elettorato americano in genere. Per dirne una, nel 2008, qui vinse Hillary Clinton. Qual’è lo stato della corsa in entrambi i campi e cosa è successo negli ultimi giorni di campagna elettorale e a cosa dobbiamo guardare per capire come è andata?
Prima però diamo la notizia del giorno: era nell’aria da tempo e ora è ufficiale, ma l’ex sindaco di New York, il miliardario e gigante dei media finanziari Michael Bloomberg ha annunciato, parlando con il Financial Times, che sta ragionando sull’ipotesi di correre da indipendente per la Casa Bianca.
L’indecisione degli elettori del New Hampshire. «Penso che il popolo americano si meriti di meglio. Trovo il livello delle discussioni e dei dibattiti penosamente banale e un oltraggio agli elettori» ha detto Bloomberg al quotidiano britannico, spiegando che, se deciderà di candidarsi, lo farà all’inizio di marzo. Ovvero quando, forse, sarà più chiaro chi saranno i candidati repubblicano e democratico. Se il repubblicano sarà Trump o Cruz e se il democratico sarà Bernie Sanders, Bloomberg correrà quasi certamente. Un guaio più per i democratici che per i repubblicani. Vedremo. Ma vediamo cosa ci aspetta oggi (e se l’annuncio di Bloomberg aiuterà Clinton).
Gli elettori del New Hampshire sono spesso indecisi
Già, le parole dell’ex sindaco potrebbero spingere molti tra i democratici che non hanno
ancora scelto chi votare, a schierarsi con Clinton per evitare la corsa a tre. Nel primo Stato delle primarie, infatti, gli elettori, come se si sentissero incaricati di una missione speciale, tendono a seguire da vicino le campagne per decidere sulla base di informazioni di prima mano. Per questo in New Hampshire conta avere una campagna porta a porta, parlare anche davanti a pochi. Le regole delle primarie locali, dove gli indipendenti possono scegliere a quale delle votazioni partecipare, complicano il gioco: se sono in indipendente che voterà democratico, posso partecipare alle primarie repubblicane e votare il candidato che meno mi spaventa per evitare la vittoria di un estremista conservatore. Ciò detto, nell’entourage di Clinton staranno facendo di tutto per premere su Bloomberg. Nella minuscola Dixville Notch, che ha già votato, hanno vinto Kasich e Sanders, ma non è un test, il primo ha preso 3 voti, il secondo 4.
Donald Trump resta l’uomo da battere
In campo repubblicano il miliardario newyorchese è avanti nei sondaggi da mesi. Di 15-20 punti. La domanda vera è di quanto vincerà e chi arriverà dietro di lui. Se vincesse di poco si confermerebbe l’idea che la campagna Trump non è in grado di mobilitare e organizzare la base, che la sua campagna è una one-man-band che funziona, ma che non è una macchina in grado di sostenere una lunga maratona elettorale. Dovesse non vincere, il vento smetterebbe di soffiare dalla sua parte e la storia delel primarie, probabilmente, cambierebbe completamente.
Rubio, Cruz, Christie, Kasich? Chi arriva dietro Trump
Nei sondaggi inseguono Marco Rubio e Ted Cruz. Quanti voti prenderanno? E poi il governatore del New Jersey, Chris Christie, che da giorni incalza a attacca Rubio: «È un politico furbo che impara a memoria le frasi giuste da dire». Il corpulento governatore, così come Jeb Bush e John Kasich sono i moderati che sperano in un buon risultato per potersi guadagnare la fiducia dell’establishment. Tutti sparano a zero contro Rubio, che al momento è quello messo meglio degli altri: abbastanza moderato da non rappresentare un rischio eccessivo, abbastanza diligente da moderare la sua immagine su alcuni temi (l’immigrazione per prima). Nell’ultimo dibattito Tv, infatti, è stato il senatore della Florida e non Trump o Cruz, l’obbiettivo dei colpi bassi degli altri concorrenti. Se Jeb Bush andasse male, non si vede cosa lo potrebbe resuscitare.
Gli attacchi di Bill Clinton
In New Hampshire è cominciata davvero la vita politica nazionale di Bill Clinton nel 1992. Qui Hillary vinse le primarie nel 2008, dopo un brutto terzo posto in Iowa. Oggi però è dietro di brutto: Sanders genera entusiasmo e gioca in casa. Per cercare di ottenere un buon risultato, oltre ad aver fatto un gran lavoro organizzativo, Hillary ha scelto due testimonial d’eccezione: Madeleine Albright e Bill Clinton. Lo Stato è bianco e piuttosto anziano e gli ex
presidente e Segretario di Stato sono popolari in quella fetta di elettorato. Albright ha poi usato in campagna elettorale l’argomento di genere, invitando le giovani donne a fare la storia eleggendo la prima presidente donna: «Il lavoro non è finito, c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne». Bill è invece andato contro Sanders: «Non puoi dire: chiunque non è d’accordo con me è uno strumento nelle mani dell’establishment», criticando poi una serie di troll che sui social attaccano Hillary e chi la sostiene, prendendo le parti di Bernie – la campagna Sanders invita da giorni i sostenitori del senatore a non attaccare Clinton, ma il fenomeno c’è.
Una vittoria per Bernie quanto pesa?
Dal canto suo Bernie Sanders prosegue per la direzione scelta: mobilitare giovani e altri che in genere non fanno politica e sommarli alla base liberal e di sinistra. Il senatore del Vermont ha le primarie del New Hampshire in tasca, ma una vittoria significherebbe sommare entusiasmo a entusiasmo e piccole donazioni ad altre
piccole donazioni. Una misura da chiarire la portata del successo di Sanders è appunto di quanto vincerà e chi lo voterà. Se coloro che di solito non votano andranno di più ai seggi, questo sarà un segnale che la cosa può accadere altrove. La campagna è ben organizzata e i volontari si sono spinti in montagna, in aree dove di solito la politica non arriva. Tanto che qualcuno, vedendo uno sconosciuto alla porta, ha chiamato la polizia. Usare i volontari è però fondamentale, specie per convincere, appunto, porzioni di elettorato che non sono abituate a votare alle primarie. Una telefonata non basta. Un successo rotondo e molti nuovi registrati al voto sarebbero un segnale. E creerebbero non pochi grattacapi a Clinton e all’establishment democratico.
Buon martedì di primarie. La stagione è appena cominciata. E se volete fare il tifo per Bernie Sanders, qui c’è la playlist dei suoi comizi. In cinque titoli c’è la parola Revolution, poi c’è Disco Inferno (si gioca con Burn, brucia, e Bern), Springsteen e gli O’Jays che dicono: “Date al popolo quel che vuole”.
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