The Revenant di Alejandro Iñárritu, è in lizza con 12 candidature all’Oscar e un Leonardo Di Caprio ad una prova d’attore generosa e incandescente. Il film narra la vicenda di un trapper, che guida una spedizione. Ridotto in fin di vita da un Grizzly, viene abbandonato da due suoi compagni senza viveri e assiste impotente all’uccisione del figlio amato, avuto da una indiana Pawnee. Lentamente ritorna alla vita, affronta molteplici traversie e raggiunge il fortino per compiere la sua vendetta. La vicenda si svolge alla frontiera tra Stati Uniti e Canada, nell’Ottocento, durante gli anni della prima colonizzazione dell’Ovest. E’ un cinema strutturalmente classico, a cui narrativamente siamo abituati, in cui l’America riflette sulla sue responsabilità di genocidio dei nativi e i sensi colpa nei confronti della diversità. Tuttavia la messa in scena ha una grandezza epica e una forza immersiva emotivamente toccanti. Tensione fino al ritorno dell’eroe, seppur dentro ritmi sospesi, levitazioni oniriche, rarefazioni temporali. Paesaggi mozzafiato in formato panoramico; spericolati, virtuosistici, avvolgenti movimenti della steadycam; fotografia impeccabile di Lubzeki ( luce naturale per due ore di lavorazione al giorno); sound design evocativo, a cui contribuiscono le musiche di Sakamoto e Noto. Riferimenti iconografici a Bodmer e Miller, echi di Tarkovskij, Coppola, Herzog. La macchina da presa incollata ai pori della pelle, al respiro tagliato dalla paura, alle labbra spaccate dal freddo ci fa letteralmente “sentire” il sapore amaro della terra, il gelo nelle ossa, i fruscii degli alberi e precipita lo spettatore dentro la wilderness, la lotta dell’individuo per la sopravvivenza, la solitudine e lo sconfinamento da se stessi, portando nel genere western una nota esistenziale profonda. (Daniela Ceselli).
Inizia il conto alla rovescia per la serata degli Oscar che si terrà il 28 febbraio. In lizza anche film di grande impegno politico, storico e civile. A cominciare da Il figlio di Saul di Nemes e da Il caso Spotlight, che ricostruisce le inchieste del Boston Globe che negli anni duemila portarno alla luce lo scandalo pedofilia nella Chiesa negli Usa. Per l’Oscar come miglior attore protagonista sono in lizza Leonardo Di Caprio (Revenant) Bryan Cranston (Trumbo) Matt Damon che in The Martian si cala in un ruolo al limite della sopravvivenza, Michael Fassbender, che ha incarnato il guru informatico Steve Jobs s sul maxi schermo e Eddie Redmayne (The Danish Girl). In primo piano per il premio come miglior attrice, fra le altre, c’è Cate Blanchett (Carol), ma anche una affascinante Charlotte Rampling (45 anni) e Saorsie Ronan ( la più giovane delle candidate, interprete di Brooklyn) e poi Jennifer Lawrence (con il film sulla scalata sociale di Joy Mangan) e infine Brie Larson ( the Room) , insieme a collega Blanchett tra le grandi favorite alla vittoria. Anche l’Italia sarà presente nella magica notte di Los Angeles, con la presenza del maestro Ennio Morricone per la categoria Miglior colonna sonora. Che ha collaborato con il regista statunitense Quentin Tarantino per il film The Hateful Eight. Sempre dal binomio cinema-musica arriva la seconda nomination per l’Italia. Gareggia per la miglior canzone, Simple Song #3, pezzo di David Lang per il regista italiano Paolo Sorrentino, Youth.
Per entrare nel clima della serata degli Oscar e, soprattutto per scegliere quale film andare a vedere in sala, fra quelli in lizza, rilanciamo i nostri preferiti. A cominciare da The Revenant diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu, recensito su Left da Daniela Ceselli:
The Revenant di Alejandro Iñárritu, è in lizza con 12 candidature all’Oscar e un Leonardo Di Caprio ad una prova d’attore generosa e incandescente. Il film narra la vicenda di un trapper, che guida una spedizione. Ridotto in fin di vita da un Grizzly, viene abbandonato da due suoi compagni senza viveri e assiste impotente all’uccisione del figlio amato, avuto da una indiana Pawnee. Lentamente ritorna alla vita, affronta molteplici traversie e raggiunge il fortino per compiere la sua vendetta. La vicenda si svolge alla frontiera tra Stati Uniti e Canada, nell’Ottocento, durante gli anni della prima colonizzazione dell’Ovest. E’ un cinema strutturalmente classico, a cui narrativamente siamo abituati, in cui l’America riflette sulla sue responsabilità di genocidio dei nativi e i sensi colpa nei confronti della diversità. Tuttavia la messa in scena ha una grandezza epica e una forza immersiva emotivamente toccanti. Tensione fino al ritorno dell’eroe, seppur dentro ritmi sospesi, levitazioni oniriche, rarefazioni temporali. Paesaggi mozzafiato in formato panoramico; spericolati, virtuosistici, avvolgenti movimenti della steadycam; fotografia impeccabile di Lubzeki ( luce naturale per due ore di lavorazione al giorno); sound design evocativo, a cui contribuiscono le musiche di Sakamoto e Noto. Riferimenti iconografici a Bodmer e Miller, echi di Tarkovskij, Coppola, Herzog. La macchina da presa incollata ai pori della pelle, al respiro tagliato dalla paura, alle labbra spaccate dal freddo ci fa letteralmente “sentire” il sapore amaro della terra, il gelo nelle ossa, i fruscii degli alberi e precipita lo spettatore dentro la wilderness, la lotta dell’individuo per la sopravvivenza, la solitudine e lo sconfinamento da se stessi, portando nel genere western una nota esistenziale profonda.
(Daniela Ceselli).