Bersani che ricorda a Renzi che il governo esiste grazie ai voti del centrosinistra, il premier che derubrica il dissenso come "perdente" e una politica che rischia di apparire come una rissa stomachevole

Questa volta Bersani glielo ha detto: «governi con i miei voti, con i voti del centro sinistra». Eh già, Matteo Renzi governa grazie a quel premio di maggioranza – previsto da una legge che poi la Corte ha definito incostituzionale – strappato per un soffio al Movimento 5 Stelle dalla coalizione “Italia bene comune”, costituita da Bersani, da Vendola e da Tabacci

Grazie a quel premio alla Camera e in Senato ai transfughi del centro di Monti, ai transfughi del Pdl guidati da Alfano e ai cavalieri di ventura di Verdini, Renzi ha cambiato 36 articoli della Costituzione, ha svuotato lo Statuto dei diritti dei lavoratori, ha “riformato” la scuola rendendola più gerarchica, varato una nuova legge elettorale che somiglia al Porcellum e che dovrebbe rimettergli nelle mani, quando sarà, tutto il potere, togliendosi il fastidio di doversi cercare una maggioranza in Parlamento

Ha fatto bene? L’Italia grazie alle sue riforme si è messa a correre -come dice- e impartisce lezioni pure alla Germania? C’è chi lo pensa e chi no. Il punto è che non sappiamo quanti siano gli uni e quanti gli altri. Vediamo però che sempre più gente si allontana dal partito che leggittimamente (almeno lì ha vinto le primarie) Renzi dirige, e sempre più gente non depone più la scheda nell’urna, pensando che qul gesto conti ormai poco o nulla.

Così accade che la politica, sottratta ai cittadini, si sfoghi nelle riunioni tra gli addetti ai lavori. Riunioni sempre riprese, diffuse e amplificate sia dai giornali che dalle televisioni. E che tutto appaia, dal di fuori, come una rissa stomachevole. Anche Renzi lo ha detto parlando ai giovani del Pd: «Fuori delle nostre liti non importa a nessuno». Ma allora perchè attizza ogni giorno quelle liti? E chiama e fa chiamare chi non la pensa come lui “gufo”, “perdente”, “sfasciacarrozze”, senza mai entrare nel merito del dissenso?