Oggi è il giorno in cui forse si chiudono le primarie repubblicane. E forse, ma con ancora più dubbi, quelle democratiche. Si vota in cinque Stati: Florida, Illinois, North Carolina, Missouri e Ohio, si tratta di Stati cruciali anche per la vittoria alle elezioni vere, a novembre almeno quattro tra questi saranno in bilico tra democratici e repubblicani. Il voto di oggi assegna circa 350 delegati, attribuiti quasi tutti – nelle primarie del partito di Reagan – con il sistema del “chi-vince-prende-tutto”. Se un candidato dovesse vincerne tre e altri ne vincessero uno ciascuno, il colpo sarebbe enorme. Specie se il candidato fosse Donald Trump, che a oggi ha un vantaggio notevole in termini di delegati su tutti gli altri. E che ha molte chance di fare un bel colpo anche stanotte.
Il conto è presto fatto: a giudicare dai sondaggi Trump è nettamente primo in Florida e Illinos, North Carolina, insegue per pochi punti in Ohio – dove è in vantaggio il governatore Kasich – e potrebbe vincere in Missouri (dove l’alternativa probabile è Cruz). Se andasse così i risultati chiari sarebbero due: il senatore della Florida Rubio, l’ex astro nascente del partito repubblicano, sarebbe fuori e con lui l’unica alternativa apparentemente moderata rimarrebbe Kasich. Il governatore dell’Ohio si troverebbe a quel punto a essere il candidato dell’establishment. Una specie di miracolo: per mesi in molti si sono chiesti come mai corresse. Mitt Romney, la cosa più simile a una figura autorevole del partito che ci sia, due settimane fa faceva comizi per Rubio, oggi li fa per lui. Certo, se Kasich perdesse nel suo Ohio, sarebbe fuori anche lui. Anche l’estremista religioso Cruz spera di prendersi uno Stato e rimanere l’alternativa a qualunque costo a Trump.
Se il miliardario di New York vincesse in due Stati e arrivasse secondo ovunque resterebbe comunque quasi invincibile, non avrebbe il numero di delegati necessari alla nomination (dovrebbe vincerne circa la metà da domani in poi), ma non superabile da nessuno. Il suo sarebbe un segnale di forza assoluta: in queste settimane, in particolare negli ultimi giorni, il fuoco su di lui, sulla violenza dei suoi comizi, sui toni esagerati, sono stati una costante del rumore di fondo sui media. Se nemmeno stavolta funzionasse scopriremmo che: c’è un pezzo di elettorato che vota anche contro i media (niente di strano) e se ne frega del modo in cui un candidato presidente si esprime. Mashable ha messo assieme un po’ di frasi con cui il miliardario di New York invita la sicurezza o i suoi sostenitori a “spaccare la faccia”, “sbattere a terra”, picchiare i contestatori. Gli episodi violenti si sono moltiplicati e i contestatori come quella nella foto qui sopra sono spesso stati picchiati.
All the times @realDonaldTrump has called for violence at his rallieshttps://t.co/v1qpKYgGbV
— Mashable (@mashable) 14 marzo 2016