La crescita dell’estrema destra alle ultime elezioni regionali tedesche pone la Germania in una situazione già vissuta da Italia, Spagna, Grecia e Portogallo. Come la crisi economica e finanziaria per i Paesi del Sud, oggi è la Germania a patire gli effetti dell’incapacità di questa Europa di affrontare con umanità ed efficacia la cosiddetta crisi dei rifugiati. Cosiddetta, perché non esiste un problema oggettivo, per un continente ricco e popolato da cinquecento milioni di persone, nel dare accoglienza degna a qualche milione di individui in fuga dalla guerra. Così come non avrebbe dovuto esistere problema oggettivo, per il più grande mercato mondiale, nell’affrontare una crisi del debito senza imporre povertà e bancarotta ai suoi Stati più deboli.
È concreto invece il rischio di essere divenuti oramai incapaci di rispondere alle grandi sfide del ventunesimo secolo. Sfide – le migrazioni, l’ineguaglianza economica, i cambiamenti climatici – troppo grandi per i singoli Stati, ma a cui un’Europa paralizzata dai veti incrociati e delegittimata da una tragica mancanza di democrazia è sempre meno capace di rispondere. E questo è il vicolo cieco in cui ci troviamo oggi, con la politica nazionale ridotta a piccolo cabotaggio e la politica europea ridotta a rissa fra capetti di Stato. Affrontiamo le ondate di una Storia tornata a battere la tempesta in barchette di carta pilotate da timonieri sbronzi. Ma come i marinai greci sappiamo che tristezza e rassegnazione sono i primi nemici da combattere. E che bisogna recuperare l’orizzonte per uscire dalla burrasca.
L’orizzonte è ricostruire l’Europa come grande spazio di democrazia, capace di farsi luogo di lotta fra visioni politiche alternative, di affrontare di petto, sulla base di una rinnovata legittimità, le sfide dei tempi straordinari che stiamo attraversando. Da anni i movimenti più vari – da Blockupy ai federalisti di ogni fede – lottano contro l’Europa dello status quo e per una democrazia transnazionale. Oggi la proposta del Manifesto DiEM25 da parte di Yanis Varoufakis porta una nuova e necessaria spinta verso questa semplice quanto folle ambizione: democratizzare l’Europa. E lo fa chiedendo a ciascuno di alzare il livello del gioco.
Questi anni di crisi ci hanno mostrato tutta l’incapacità della sinistra di organizzarsi a livello transnazionale. I partiti nazionali si sono nascosti dietro sigle impronunciabili, – chi si ricorda cosa significa Gue/Ngl, l’acronimo del gruppo della sinistra al Parlamento europeo? – accrocchi in cui ciascun partito continua a muoversi obbedendo a logiche esclusivamente nazionali e in cui, tutti insieme, confermano la loro tragica impotenza. E in un simile vicolo cieco – ma qui si aprirebbe un altro capitolo – si trova il sindacato europeo.
È ora di voltare pagina. E di iniziare a immaginare una forza politica multilivello capace di pensare e agire, organizzarsi e mobilitare su scala continentale.
L’Italia è stata, storicamente, fra i laboratori politici più fertili d’Europa. Ma è oggi anche il Paese meno presente nei processi di costruzione e innovazione di una sinistra europea all’altezza di questa sfida. È ora che questo cambi. Se sul palco, al lancio di DiEM25 a Berlino il 9 febbraio scorso, non erano presenti italiani, ora, su invito di European Alternatives, è Roma la prima tappa del nuovo movimento. Che sia solo l’inizio.
*Lorenzo Marsili è fondatore e presidente di European Alternatives
Questo articolo lo trovi sul n. 12 di Left in edicola dal 19 marzo